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Ghostwriting 13. Pearl Curran

Quando l’amica Celia del blog “Le cose minime” mi ha fatto conoscere il caso di Pearl Curran ho dovuto per forza riaprire una rubrica a cui sono molto legato: Ghostwriting, storie di fantasmi scrittori e scrittori fantasma.

La storia di Pearl ha tenuto banco negli anni Venti del Novecento ma poi è subito scomparsa, limitandosi a fare capolino ogni volta che gli appassionati del paranormale avevano finito gli argomenti e bisognava andare a svuotare i magazzini del fantastico. La storia della signora Curran è pressoché inedita nella saggistica italiana mentre invece fa capolino in diversi libri americani dedicati al paranormale, ma ovviamente nessuno la racconta dando voce ai protagonisti e facendo domande “scomode”, com’è invece usanza etrusca.

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Pubblicato da su marzo 6, 2024 in Indagini

 

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Anno 2000 (1970) guest post

Adoro quando la fantascienza gioca con i due elementi cardine della nostra società: il linguaggio e la tecnologia. Due elementi che obbligatoriamente devono avere una parte importante in racconti che si immaginano il futuro nuovo millennio.

Ricordo ancora quando in edicola mi è caduto l’occhio su questa antologia di “Urania” (n. 1377, 19 dicembre 1999) che prometteva una ghiottoneria: “Anno 2000“, un’antologia con cui il celebre Harry Harrison raccontava come vari autori di fantascienza avessero immaginato il futuro Duemila. Solo ora scopro che l’iniziativa è molto più stagionata di quanto non appaia, visto che il libro originale risale al 1970, ma lo spirito è lo stesso.

Vista la disponibilità della nostra amica Vasquez, l’ho subito incastrata con un’altra “indagine” sul futuro passato!

Le lascio dunque la parola per una panoramica sulle chicche e curiosità dei singoli racconti, testimoni di un “futuro passato”, così da lasciare traccia di quest’opera e non correre il rischio di dimenticarmene ancora.

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Pubblicato da su marzo 22, 2023 in Indagini

 

Crimini e misfatti al computer (1983) guest post

Adoro quando la fantascienza gioca con i due elementi cardine della nostra società: il linguaggio e la tecnologia. Sono lontani i tempi in cui ho letto e apprezzato l’antologia “Crimini e misfatti al computer” (Computer Crimes and Capers, 1983) curata dai tre moschettieri delle fanta-antologie – Isaac Asimov, Martin H. Greenberg e Charles G. Waugh – nella storica collana “Urania” (Mondadori).n. 1275 (21 gennaio 1996), in anni in cui il curatore Giuseppe Lippi si è sicuramente lasciato influenzare nella scelta del titolo dal film Crimini e misfatti (1989) di Woody Allen, all’epoca fra i titoli più scottanti del regista.

Ho letto questa antologia molto tempo fa, dicevo, e onestamente l’avevo dimenticata, poi un giorno parlando con l’amica Vasquez esce fuori che l’ha scoperta per caso, la sta leggendo e addirittura sta prendendo appunti sulle chicche tecnico-linguistiche dei vari racconti: come si fa a non incastrarla subito in un guest post?

Lascio dunque la parola a Vasquez per una panoramica sulle chicche e curiosità dei singoli racconti, testimoni di un “futuro passato”, così da lasciare traccia di quest’opera e non correre il rischio di dimenticarmene ancora.

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Pubblicato da su marzo 15, 2023 in Indagini

 

Se una notte un personaggio (5)

Continua la settimana dedicata al gioco letterario attraverso i media, dove Vasquez ed io ci alterneremo a raccontare cosa succede quando un personaggio interagisce con il proprio autore, e magari poi… comincia a prendere vita.
L.


Se una notte d’inverno un personaggio
(quinta ed ultima parte)


La colazione dei campioni

di Vasquez

È così strano trovarsi a guardare un film di cui non si sa niente di niente di questi tempi, e considerando che “La colazione dei campioni” (Breakfast of Champions) di Alan Rudolph è del 1999 e il romanzo originale del 1973, devo dire che per me è una fortuna arrivare così in ritardo su certi libri (tra l’altro questo ha la mia stessa età) perché mi permette di giudicare i film che ne sono stati tratti senza essere influenzata dalla pagina scritta.

A sorpresa, ho beccato il titolo italiano del film

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Pubblicato da su gennaio 14, 2022 in Indagini

 

Se una notte un personaggio (4)

Continua la settimana dedicata al gioco letterario attraverso i media, dove Vasquez ed io ci alterneremo a raccontare cosa succede quando un personaggio interagisce con il proprio autore, e magari poi… comincia a prendere vita.
L.


Se una notte d’inverno un personaggio
(parte quarta)


Supernatural

di Vasquez

Nel 2005 fa il suo debutto sul piccolo schermo la serie Supernatural, per quelle che avrebbero dovuto essere cinque stagioni, con la conclusione di tutti i cicli narrativi. L’emittente TV, l’allora neonata CW, continuò invece a scommettere su quei due bei ragazzoni dei fratelli Winchester, portandola fino alla quindicesima stagione e facendone la più longeva serie sul soprannaturale mai prodotta (a parte “Doctor Who“).

Logo della quindicesima stagione di Supernatural

È una serie citazionistica come poche: ogni leggenda metropolitana, ogni mostro appartenente all’immaginario collettivo: zombie, licantropo, leviatano, banshee, fantasma, vampiro, demone, strega, lepricano, mannapiro (lupo mannaro + vampiro), clown, mutaforma, ritornante, e chi più ne ha più ne metta, ha trovato posto nella mitologia della serie. Credo manchino davvero solo gli alieni.

Titolo della puntata 5×09, giusto per capirci…

Oltre a citare esseri soprannaturali noti a chiunque ami il cinema di genere, sparsi per la serie ci sono riferimenti più che palesi a serie TV, cartoni, fumetti, film, libri: X-Files sicuramente, con cui ha avuto in comune uno dei produttori, Kim Manners, purtroppo scomparso prematuramente; e poi Scooby Doo, C.S.I. (Miami, manco a dirlo), Rizzoli & Isles, Harry Potter, Grey’s Anatomy… davvero impossibile ricordarli tutti.
La mia citazione preferita è nell’episodio 9×23 “Una trappola per Metatron“: Dean è a colloquio con Crowley, ex Demone degli Incroci, asceso a Re dell’Inferno. Com’è notorio “i guai della pentola li sa il coperchio”, ma siccome il diavolo i coperchi non li sa fare, ecco che è Dean che si ritrova a dover spiegare a Crowley i guai dell’Inferno al suo Re:

Tipici castighi infernali

DEAN: «Sei di nuovo in modalità idiota! Fantastico. Vuoi che ti compri un orso di peluche?»

CROWLEY: «Cerco solo di fare conversazione…»

DEAN: «Come va all’Inferno?»

CROWLEY: «L’Inferno è a posto. È come un orologio svizzero, non preoccuparti dell’Inferno. È troppo complicato…»

DEAN: «No. Il Trono di Spade è complicato, fare sesso nella doccia è complicato. L’Inferno non lo è. Il problema non è l’inferno: sei tu.»

Dean sa tutto sull’Inferno

In mezzo a tutti questi orrori arcinoti, il tratto distintivo e la forza di Supernatural si possono trovare nel rapporto tra i due fratelli, Sam e Dean Winchester: sono cacciatori di mostri, credono l’uno nell’altro, e si divertono nel fare quello che fanno. E io mi sono divertita con loro, nel seguirli per tutte e 15 le stagioni, inizialmente su RaiDue, poi su Rai4, perché mi piace vedere i titoli in italiano, perché adoro la voce di Stefano Crescentini che doppia Dean, e anche perché sono pazza, visto che mamma Rai, detentrice dei diritti per la prima TV in chiaro, ha fatto di tutto per impedirci di seguire Supernatural come si deve (ritardo nella messa in onda delle stagioni, orari inconcepibili per una prima TV, repliche ad orari semplicemente im-pos-si-bi-li, niente passaggio in streaming su RaiPlay…), anche se alla fine l’ha portata a casa.

Logo della quarta stagione…

Per una serie che inizia come Poltergeist (1982), finisce come Titanic (1997), e nel mezzo cita tutto il citabile della narrativa popolare, ovviamente non poteva mancare Stephen King.

…ma l’episodio 18 ha qualcosa di diverso…

L’episodio 4×18 “Il mostro alla fine del libro” si apre come tanti altri episodi: Sam e Dean si presentano , come tutti i cacciatori, con i loro falsi distintivi, questa volta di agenti dell’FBI, per poter indagare su un caso. E come sempre, i Winchester scelgono nomi legati al mondo della loro musica preferita. Nel corso della serie abbiamo avuto riferimenti ai Metallica, Kiss, Aerosmith, Bon Jovi, Van Halen, ZZ Top, Mötley Crüe, T-Rex, Def Leppard, Led Zeppelin, ma anche Chuck Berry, Bing Crosby, Eric Clapton, Bob Marley, non ce la si fa a ricordarli tutti.
Stavolta sono gli agenti DeYoung e Shaw, rispettivamente cantante e chitarrista degli Styx, e succede una cosa strana: il commesso della fumetteria li sgama, e quindi li scambia per cosplayer dei personaggi della serie di libri di Supernatural.

Libro falso su due personaggi di una vera serie TV…

… e relativa trama

La trama del primo libro della collana ce la legge Dean: «Lungo una solitaria autostrada della California una misteriosa donna in bianco adesca uomini e li uccide». Dopo aver acquistato tutte le copie presenti nel fornitissimo negozio, i due risalgono all’editore per sapere il vero nome dell’autore: Carver Edlund è ovviamente uno pseudonimo, ma non credo sia un caso che uno dei produttori della serie si chiami Ben Edlund.

L’editore ha tutta la collana dei libri di “Supernatural”

Ovviamente non è facile ottenere il vero nome dell’autore, ma dopo aver dimostrato di essere dei veri fan dei due fratelli (date di nascita, modello di auto, canzone preferita di Dean, tatuaggi anti-possessione…), ecco il nome: Chuck Shurley, da trattare con i guanti perché molto riservato, proprio come Salinger.

Sam e Dean suonano al campanello del loro “dio”,
proprio come Roland e Eddie ne La canzone di Susannah

Siccome anche Chuck, come l’Uomo dei Fumetti, pensa che i due siano solo dei fan accaniti, suggerisce loro caldamente di farsi una vita, e Dean ha una reazione delle sue, leggermente diversa da quella di Roland di fronte a Stephen King.
Chuck non riesce comunque a convincersi che i suoi personaggi siano reali, e crede di aver capito: «È una cosa tipo Misery?!? Ah! È così! È una cosa tipo Misery

Non è una cosa tipo Misery, Sam e Dean non sono i “Fan Numero Uno” di Supernatural: sono i veri Sam e Dean Winchester. E qui Chuck si convince, datosi che il cognome dei fratelli non è mai venuto fuori, lui non l’ha detto a nessuno, non l’ha mai nemmeno appuntato. E anche dopo che la casa editrice è fallita ha continuato a scrivere i romanzi che narrano le vicende dei due fratelli: l’ultimo libro in effetti è un po’ strano, un po’ stile Vonnegut…

L’autore all’opera

E qui direi che il cerchio si chiude – senza del resto che io abbia fatto nulla per aprirlo, io cercavo solo una citazione…- con l’autore con cui tutto è cominciato: Isaac Asimov.

In Dio la benedica, dottor Kevorkian (1999), libro sui generis (forse nemmeno un libro vero e proprio), Vonnegut ci racconta di come Asimov sia stato suo predecessore come presidente onorario dell’Associazione Umanista Americana (A.H.A.: American Humanist Associacion, con lo scopo di promuovere l’uguaglianza per umanisti, atei, agnostici e liberi pensatori). Lo definisce come il più prolifico scrittore americano mai vissuto, e fintamente intervistato da Vonnegut, alla domanda se scrivesse ancora, Asimov risponde: «Sempre! Se non potessi scrivere sempre, questo per me sarebbe l’inferno. La terra, per me, sarebbe stata un inferno, se non avessi potuto scrivere sempre. L’Inferno stesso mi riuscirebbe sopportabile, se potessi scrivere sempre.»

Non conosco Vonnegut come conosco Asimov, a mia (parziale) discolpa posso dire che non l’ho trovato facilmente sugli scaffali delle librerie come il suo collega, ma sto cercando di mettermi in pari: mi sento di consigliare ad esempio questo Dio la benedica, dottor Kevorkian per approcciarsi all’autore e al suo stile particolare, visionario e un po’ “svolazzante”.

…e comunque, caro il mio Nolan, t’informo che nessuno dei tuoi film
era complicato come il paradosso di Ritorno al futuro 2, chiaro?

Il libro è di fatto una raccolta di pezzi radiofonici della durata di un minuto e mezzo che ebbero ampio consenso, dove Vonnegut ha immaginato di intervistare chiunque: oltre al già citato Asimov, Mary Shelley (definita come “l’autrice del romanzo di fantascienza più lungimirante e più influente di ogni tempo”), Isaac Newton (che si rammarica di non esserci arrivato lui, a scoprire la teoria dell’evoluzione, o della relatività, o dei microrganismi), William Shakespeare (al quale fa i tutti i complimenti del caso per gli Oscar vinti da Shakespeare in Love; dopodiché il Bardo non ha più voluto avere nulla a che fare con Vonnegut, che però almeno si è ricordato di chiedere a San Pietro se “Shakespeare ha scritto le opere di Shakespeare”…).

Quale sarà il mostro alla fine dei libri di “Supernatural”?

Dean vuole vederci chiaro su questa storia di “stile alla Vonnegut”, e fa una domanda che ci lascia tutti basiti, per primo suo fratello Sam: «Vonnegut di Mattatoio 5 o di Ghiaccio-nove

Non è chiaro se Dean conosca davvero quei due libri di Vonnegut perché li abbia letti,o semplicemente perché sono i due più famosi dell’autore (tra l’altro citati rispettivamente in Footloose (1984), e ne La regola del sospetto (2003).
È chiaro invece che nonostante i libri di Supernatural abbiano avuto soprattutto un seguito “underground”, Chuck sia uno scrittore serio, e conosca la materia con cui lavora, quindi risponde: «Vonnegut di “Kilgore Trout”. Mi ci sono messo anch’io: ho scritto di me stesso nella mia casa, faccia a faccia con i miei personaggi.»

Kilgore Trout, interpretato da Albert Finney nel film tratto da La colazione dei campioni,
non si capacita della copertina che hanno scelto per il suo libro…

Kilgore Trout è un personaggio che compare trasversalmente nei libri di Vonnegut: trattasi di uno spiantato scrittore di fantascienza, descritto di volta in volta con caratteristiche diverse, intervistato anche lui da Vonnegut in Dio la benedica, dottor Kevorkian, è di fatto un alter ego dello scrittore di Indianapolis.

Nel libro La colazione dei campioni (1973) è “Maometto che va alla montagna”, ossia Vonnegut si reca a Midland City, dove sta per svolgersi un Festival delle Arti:

«C’ero andato per assistere al confronto tra due esseri umani che avevo creato io: Dwayne Hoover e Kilgore Trout. Non ci tenevo ad essere riconosciuto.»

Lo stesso Vonnegut nel film, accreditato come Direttore Commerciale,
creatore di Trout, citato in “Supernatural,
che cita King, che cita Vonnegut, che ha inventato Trout…

Tornando ai fratelli di Supernatural e alle strane affermazioni di Chuck, i Winchester decidono di approfondire questa vicenda “alla Kilgore Trout”, e si fanno consegnare le bozze dell’ultimo strano romanzo del loro “creatore”.

«Sto seduto in una lavanderia. Leggo di me stesso
seduto in una lavanderia, dove leggo di me stesso.»

Visto che a quanto pare tutto quello che scrive Chuck si avvera, l’unica cosa da farsi è sfuggire ad un destino già segnato, rifiutando ciò che ha in serbo il fato, ma così facendo, naturalmente, non si fa altro che andargli incontro. Dean viene persino investito da un minivan…

Ma non avevo già parlato di quest’incidente da qualche altra parte?

Questa puntata, nata secondo me come un’unica e sentita dichiarazione d’amore per Stephen King (che non può non essersi ispirato a Vonnegut e al suo Trout) e le sue opere, visto che la serie avrebbe dovuto concludersi la stagione successiva, contiene invece il tema che terrà banco – tra alti e bassi – fino alla conclusione della serie, nella sua quindicesima stagione, con 320 episodi all’attivo.

C’è inoltre da aggiungere che il mondo di Supernatural è andato oltre la serie TV: esistono libri, serie a fumetti e persino un anime in 22 episodi, che ampliano e sviluppano temi e personaggi, con particolari inediti e storie originali. Di tutto questo, com’è intuibile, in Italia non c’è la minima traccia.

Libro vero su una serie TV,
che approfondisce due personaggi di fantasia

Un’ultima cosa, mi perdonerete.
Devo lasciare un messaggio sull’altro altro altro telefono di Dean: «Ciao sono io. Ti ricordo che mi hai promesso una caccia. I documenti li porto io: saremo gli agenti Turner e Sambora. Chiamami.»

E se tutto quello che avete letto fin qui vi è sembrato strano, assurdo o senza senso, è solo perché non avete mai visto questo:

«Signooora Jooones!»

V.

(continua)


Ringrazio Vasquez per la sua disponibilità e per la sua indagine.
L.

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Pubblicato da su gennaio 13, 2022 in Indagini

 

Se una notte un personaggio (3)

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L.


Se una notte d’inverno un personaggio
(parte terza)


Camilleri e Stephen King

di Vasquez

Sulle discussioni tra l’autore e i suoi personaggi Andrea Camilleri ci scrive su un racconto, non di certo memorabile, ma comunque curioso, contenuto nella raccolta Gli arancini di Montalbano.

La raccolta si compone di venti storie, compresa quella che le dà il titolo, con le classiche inchieste del commissario, quasi tutte trasposte in TV (ad esempio Il gatto e il cardellino), un’indagine per Catarella (Catarella risolve un caso), un racconto epistolare (Salvo amato…Livia mia…), tutte assolutamente nello stile e nella lingua dell’affabulatore siciliano.
Fino ad arrivare a Montalbano si rifiuta.

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Pubblicato da su gennaio 12, 2022 in Indagini

 

Se una notte un personaggio (2)

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L.


Se una notte d’inverno un personaggio
(parte seconda)


Cinque furbastri e un furbacchione

di Lucius Etruscus

Ci voleva un’esplosione pandemica mondiale perché Mediaset scendesse nei propri archivi segreti e liberasse qualcuno dei film che tiene murati vivi da decenni, così il 24 marzo 2020 – in piena Fase 1 e con l’Italia blindata – va in onda un film italiano che sebbene il cast di volti notissimi è stato distribuito così male da essere in pratica ignoto.
Sto parlando di Cinque furbastri, un furbacchione (Come ti rapisco il pupo), che potete trovare nei database con un titolo o l’altro.

Per capire la genialità di questo sorprendente film, scritto e diretto da Lucio De Caro, bisogna aprire una “parentesi spiegona“.

Donald E. Westlake / Richard Stark

Professionista della narrativa di genere considerata spazzatura, prima del salto della quaglia dei critici, Donald E. Westlake ha passato gli anni Sessanta a scrivere fiumi di romanzi d’ogni genere sotto vari pseudonimi: in mezzo a secchiate di narrativa erotica non più rintracciabile, hanno ottenuto un discreto successo i romanzi firmati Richard Stark con protagonista il ladro Parker, in gamba e sempre gagliardo.

Dopo un certo numero di romanzi, a Westlake viene un’idea che però mal si adatta al personaggio di Parker, così con il proprio nome l’autore inizia a firmare una serie di romanzi con protagonista un anti-Parker chiamato Dortmunder, un ladro sfortunato a cui non ne va mai bene una. Insieme alla fidanzata May, all’amico pasticcione Kelp, all’esperto di motori Stan e alla taxista mamma Murch ecco Gli ineffabili cinque, dal titolo del primo romanzo in cui appaiono (The Hot Rock, 1970; Mondadori 1971).

Mentre al Parker di Stark va sempre bene, al Dortmunder di Westlake va sempre male, e i due “lavorano” in parallelo romanzo dopo romanzo. Finché nel 1974 il povero Dortmunder, stufo di fallire miseramente ogni colpo, decide di andare a scuola dai migliori: vuole fare un corso d’aggiornamento sul crimine, quindi si rivolge al miglior ladro in circolazione.

«Murch prese il volumetto. Gli sarebbe piaciuto? Hanno rapito Bobby di Richard Stark. — Di che parla?
— Di un criminale — rispose Kelp. — Di un criminale di nome Parker. Questo Parker assomiglia molto a Dortmunder.»

Westlake, in piena ispirazione da gioco letterario, scrive così il romanzo Come ti rapisco il pupo (Jimmy The Kid, 1974), firmandosi con il proprio nome, in cui l’anti-Parker Dortmunder legge un libro di Richard Stark con protagonista Parker… che «assomiglia molto a Dortmunder». Come se non bastasse, il finto libro di Stark citato si intitola Hanno rapito Bobby (Child Heist), titolo che ha fatto impazzire i collezionisti, convinti esistesse un romanzo inedito di Stark. (Aiutati dai pessimi siti che ancora oggi annoverano quel libro inesistente nella bibliografia dell’autore.)

Il gioco non finisce qui. Il colpo ovviamente va male, seguire l’esempio di Parker non funziona per i cinque pasticcioni e così, perso tutto, decidono di consolarsi andando al cinema a vedere un nuovo film, Roba da bambini (Kid Stuff). Fine del romanzo. Ma… di che parla quel film citato? C’è un’appendice a spiegarlo, con riportata una lettera in cui Richard Stark in persona scrive alla produzione del film Roba da bambini in cui li accusa di aver plagiato il suo romanzo Child Heist, visto che la pellicola parla di un gruppo di rapitori che palesemente ha usato il suo libro per organizzare un rapimento, anche se poi gli è andata male. Gli risponde il produttore spiegandogli che non esistono gli estremi per il plagio, perché la vicenda è vera: dei rapitori hanno sì usato il suo romanzo come base per il rapimento, ma poi è andato tutto storto e il bambino rapito, sfuggito con il riscatto, ha usato quei soldi per produrre un film che ne raccontasse l’incredibile avventura. Quindi è tutto vero… anche se ovviamente è tutto falso.

Quando il geniale romanzo pieno di giochi letterari esce nel 1974, il film di cui parla è pura finzione, un divertissment narrativo con cui Westlake sta giocando con i lettori, inventando romanzi e film ridendo come un pazzo. Poi però… il falso film diventa vero.

Il 10 agosto 1976 riceve il visto un piccolo film (apparso però in sala solo nel 1979, poco e male) che usa dei comici in voga all’epoca per portare su grande schermo i cinque pasticcioni di Westlake, basandosi sulla versione del suo romanzo uscita il 25 maggio 1975 come numero 1373 de “Il Giallo Mondadori” con il titolo Come ti rapisco il pupo. Il vero finto film che si è attirato le ire di Richard Stark ora esiste sul serio.

Ecco la formazione che Lucio De Caro mette in campo per l’occasione:

  • Elia (Teo Teocoli) è Dortmunder
  • Pinin (Massimo Boldi) è Kelp
  • Dado (Umberto Smaila) è l’esperto di motori Stan Murch
  • Dada (Franca Valeri) è la tassista mamma Murch
  • Rita (Stefania Casini) è May, la compagna di Dortmunder

Comici di varia natura e varie generazioni al servizio di una vicenda che si rifà non tanto al romanzo di Westlake… quanto al finto film in esso citato.

Pura video-archeologia!

Durante una delle sue tante vacanze in carcere, Pinin ha letto un romanzo giallo che gli ha dato delle buone idee, così fa recapitare ai suoi amici-complici una copia de “Il Giallo Mondadori” dal titolo Come ti rapisco il pupo. Sì, è un gioco letterario che si rifà a quello originale di Westlake, ma a me sembra pure una bella marchetta alla Mondadori…

Un doppio gioco letterario che però è anche una marchetta

Così scrive Westlake:

«Dortmunder prese il libro. Era intitolato Hanno rapito Bobby, e l’autore era un certo Richard Stark. — Dev’essere una porcheria — disse Dortmunder.»

Così ci spiega il Pinin filmico:

— Quel libro è un piano eccezionale, perfetto, infallibile per fare un colpo da… un miliardo o due.
— Uno o due?
— Diciamo un miliardo.

Elia non è per nulla convinto della trovata:

«Tu pensi che uno schifoso scrittore di romanzi gialli possa ideare un piano meglio di quelli che faccio io?»

La risposta è ovviamente sì.

Magari a fidarsi della Mondadori stavolta il colpo riesce…

I cinque criminali da strapazzo organizzano il rapimento del giovane Jimmy (Renato Cestiè), figlio del ricchissimo affarista Sterzi (Walter Chiari). E visto che abbiamo fatto una bella pubblicità alla Mondadori, la vogliamo fare anche alla Lancio? Così, guarda caso, il giovane rampollo viene mostrato intento a leggere un “Lanciostory” (Anno II) n. 45 del luglio 1976, evidentemente la data delle riprese.

E mica solo la Mondadori si merita le marchette

Se in originale i ladri di Westlake citano pagine di un romanzo inesistente, quindi hanno grande libertà, i nostri italici lestofanti mettono in atto un piano citando pagine di un romanzo esistente, anche se però le citazioni non corrispondono al cartaceo. Fa nulla, lo stile viene rispettato e così ai cinque furbastri capita ogni genere di incidente, a volte causato da stupidità a volte da fatalità.
Il giovane sequestrato ci mette poco a diventare prima parte del gruppo poi furbacchione ad honorem.

Ma non dovevamo tenere su le maschere tutto il tempo?

Una curiosità. Nel romanzo, durante i lunghi giorni di sequestro i cinque protagonisti passano il tempo davanti ad una piccola televisione portatile, dove vedono La moglie di Frankenstein (1935), La “cosa” da un altro mondo (1951) e altri classiconi. E quando li becchi in TV questi classici in Italia? Nel suo adattare la vicenda americana alla contemporaneità italica, De Caro ha l’idea giusta, e i cinque furbastri davanti alla T si gustano con grande attenzione e piacere l’ottimo La polizia sta a guardare (1973) di Roberto Infascelli. «Per noi è tele-scuola», ironizza Franca Valeri: non a caso parla degli sforzi della polizia contro i rapimenti di giovani.

Oltre a imparare da Westlake, studiamo un po’ anche dal poliziottesco all’italiana

Il quadretto è completato da papà Sterzi che pensa molto più gli affari che alla famiglia, infatti la moglie è scappata con l’amante e il figlio lo conosce giusto di vista. I suoi pasticci coi rapitori sono arginati dall’astuto ispettore Sessa (Felice Andreasi), che prende troppo sul serio una faccenda che seria non è.
Imperdibili i loro terzetti al telefono con la rapitrice Dada che chiede il riscatto.

Franca Valeri al telefono è sempre uno spettacolo

Per chiudere davvero col botto i cinque furbastri, una volta gabbati dal giovane furbacchione, avrebbero dovuto chiudere la vicenda andando al cinema a vedere Come ti rapisco il pupo, invece non succede: gran peccato. Comunque il film di De Caro rimane un gioiello di gioco narrativo, come tutti i film italiani dell’epoca infarcito di marchette in ogni dove.

Che dite, ci scappa una marchetta al rotocalco “Eva Express”?

A conclusione di questa parata di giochi letterari, con personaggi che leggono romanzi del proprio autore, mi piace citare il finale di Assassinio sul treno (Murder She Said, 1961), con l’iconica Margaret Rutheford nei panni di Miss Marple intenta nella lettura di È troppo facile (Murder is Easy, 1939) di Agatha Christie.

Anche Miss Marple legge Agatha Christie

Un personaggio di Agatha Christie che legge un romanzo di Agatha Christie… e Agatha Christie muta!

(continua)

L.

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Pubblicato da su gennaio 11, 2022 in Archeo Edicola, Indagini

 

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Se una notte un personaggio (1)

Inizia una settimana dedicata al gioco letterario attraverso i media, dove Vasquez ed io ci alterneremo a raccontare cosa succede quando un personaggio interagisce con il proprio autore, e magari poi… comincia a prendere vita.
L.


Se una notte d’inverno un personaggio
(parte prima)


Asimov & Westlake

di Vasquez

Un tarlo nel cervello.
Uno di quelli che rode e scava e non trova pace.
Una di quelle cose che si hanno lì lì sulla punta della lingua e non si riesce proprio ad afferrarla.
Avevo in mente una citazione e non volevo dare ragione ad Ambrose Bierce. Secondo lui una citazione è una «ripetizione erronea di parole altrui» (dal Dizionario del Diavolo, 1906), ma io volevo riportarle esatte, quelle parole.
È per questo che mi sono messa a caccia di questo tarlo sprofondando nei libri di Isaac Asimov, sicura che la citazione fosse sua.
Adoro Asimov, leggere e rileggere i suoi racconti. I suoi romanzi un po’ meno però, motivo per il quale mi sono ritrovata per le mani un libro di cui non ricordavo nulla, se non che era uno dei suoi gialli e non un romanzo di fantascienza.

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Pubblicato da su gennaio 10, 2022 in Indagini

 

X-Files (3×17) Il Persuasore memetico (X-Lucius)

La nostra amica Vasquez è leggerissimamente appassionata della serie TV “The X-Files” e, scherzando con lei, ho fatto un commento frizzante di troppo sulla celebre serie – che notoriamente non ho mai amato – e per pagare pegno ho accettato di vedere alcuni episodi particolarmente “pseudobiblici”, scoprendo tali e tante chicche che devo per forza lanciare la rubrica “The X-Lucius“!

Ecco, a puntate, i “casi X” che Vasquez mi ha sottoposto.

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Pubblicato da su luglio 6, 2021 in Indagini

 

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L’impero dei cadaveri (2015) e le indagini etrusche

Mi ha stupito trovare ben due mie “indagini” presenti nel film d’animazione giapponese “L’impero dei cadaveri” (Shisha no teikoku, 2015) di Ryôtarô Makihara, tratto da un romanzo… morto e riportato in vita!

Per una beffa del destino, infatti, il romanzo omonimo che racconta di morti riportati in vita è “morto” nel 2009 insieme al suo autore, Project Itoh, rimanendo incompiuto. Nel 2012 è stato riportato in vita dallo scrittore Tô Enjo e pubblicato.

Il film d’animazione è distribuito in DVD e Blu-ray da Yamato Video, ma io l’ho visto su Prime Video, piattaforma che sto utilizzando per vedere tutti quei film che non avrei mai cercato di mia spontanea volontà, come appunto quelli d’animazione giapponese che non mi hanno mai attirato.

La storia si apre facendo riferimento ad una moderna leggenda metropolitana del tutto falsa:

«È stato accertato che quando un essere umano muore il suo peso diminuisce di ventun grammi rispetto a quand’era in vita: è il peso dell’elemento spirituale, il cosiddetto peso dell’anima.»

Ho già parlato approfonditamente dell’antica idea di “peso nell’anima” e di come nel Novecento sia nata la falsa leggenda dei ventuno grammi, di cui lo stesso autore non era poi così convinto. Curiosamente, poi, una scritta ci informa che la vicenda del film d’animazione si svolge nel 1878, quindi decenni prima che la teoria dei ventuno grammi nascesse.

Ritaglio del 1907 con la nascita del falso mito dei 21 grammi

Comunque la storia giapponese parte da questo mito occidentale per portarlo alle estreme conseguenze:

«Installando pseudo-elementi spirituali in corpi ormai privi di anima noi facciamo risorgere i morti. Però si tratta di anime non autentiche.»

Come succede spesso nella narrativa d’animazione giapponese, si prendono elementi famosi della cultura occidentale per fonderli insieme in storie originali. Qui per esempio la tecnologia del necroware – cioè la possibilità di riportare in vita cadaveri, anche se non è che il risultato sia molto “vispo” – è iniziata con il dottor Frankenstein, e durante la vicenda vengono citati altri grandi nomi della letteratura classica, fino addirittura ad Ivan Karamazov, uno dei “fratelli” omonimi di Dostoesvkij. (Ma Dostoesvkij è letteratura occidentale od orientale? L’essere nato nella Russia europea rende l’autore europeo?)

«Ciò che ci è stato lasciato sono solo fantocci, che non possiedono né anima né parola, imitazioni.»

Questo è tutto ciò che offre la tecnologia del necroware, ma cosa succederebbe se si potesse inserire quei ventun grammi d’anima in un corpo risorto? «Suppongo che anche chi abbiamo perduto tornerebbe».

Installazione di pseudo-elementi spirituali nel corpo di un defunto

Il film (che consiglio caldamente) ha moltissime trovate intriganti e mostra un Ottocento alternativo la cui economia e società si basa, in pratica, sui cadaveri risorti (da cui il titolo), ma il protagonista Watson è interessato principalmente all’idea di riuscire a dare un’anima a quei semplici cadaveri semoventi.
Egli sa che il primo rianimatore, Victor Frankenstein, è riuscito a creare un “corpo senziente”, capace di parlare e di provare emozioni, ma nessuno sa come abbia fatto: il segreto… è nella parola.

Il protagonista (al centro) e due forme diverse di cadaveri rianimati

Questo film animato sembra pensare a me, visto che dopo aver fatto riferimento alla mia ricerca sui ventuno grammi fa riferimento ad un altro mio grande viaggio: quello nella parola creatrice, pronunciata o scritta.

Una vecchia indagine etrusca

Da sempre c’è l’idea che pronunciare qualcosa significhi anche dargli vita, e forse il segreto per sollevare semplici cadaveri e persone senzienti sta proprio in questo: non inserire grammi d’anima, ma parole. Parole così intense – come quelle pronunciate dalla creatura di Frankenstein per la sua perduta sposa – in grado di dar vita ad una coscienza all’interno di corpi. Già solo per queste idee merita una visione il film.

L.

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Pubblicato da su febbraio 25, 2021 in Indagini