Continua la settimana dedicata al gioco letterario attraverso i media, dove Vasquez ed io ci alterneremo a raccontare cosa succede quando un personaggio interagisce con il proprio autore, e magari poi… comincia a prendere vita.
L.
Se una notte d’inverno un personaggio
(parte seconda)
Cinque furbastri e un furbacchione
di Lucius Etruscus
Ci voleva un’esplosione pandemica mondiale perché Mediaset scendesse nei propri archivi segreti e liberasse qualcuno dei film che tiene murati vivi da decenni, così il 24 marzo 2020 – in piena Fase 1 e con l’Italia blindata – va in onda un film italiano che sebbene il cast di volti notissimi è stato distribuito così male da essere in pratica ignoto.
Sto parlando di Cinque furbastri, un furbacchione (Come ti rapisco il pupo), che potete trovare nei database con un titolo o l’altro.
Per capire la genialità di questo sorprendente film, scritto e diretto da Lucio De Caro, bisogna aprire una “parentesi spiegona“.
Professionista della narrativa di genere considerata spazzatura, prima del salto della quaglia dei critici, Donald E. Westlake ha passato gli anni Sessanta a scrivere fiumi di romanzi d’ogni genere sotto vari pseudonimi: in mezzo a secchiate di narrativa erotica non più rintracciabile, hanno ottenuto un discreto successo i romanzi firmati Richard Stark con protagonista il ladro Parker, in gamba e sempre gagliardo.
Dopo un certo numero di romanzi, a Westlake viene un’idea che però mal si adatta al personaggio di Parker, così con il proprio nome l’autore inizia a firmare una serie di romanzi con protagonista un anti-Parker chiamato Dortmunder, un ladro sfortunato a cui non ne va mai bene una. Insieme alla fidanzata May, all’amico pasticcione Kelp, all’esperto di motori Stan e alla taxista mamma Murch ecco Gli ineffabili cinque, dal titolo del primo romanzo in cui appaiono (The Hot Rock, 1970; Mondadori 1971).
Mentre al Parker di Stark va sempre bene, al Dortmunder di Westlake va sempre male, e i due “lavorano” in parallelo romanzo dopo romanzo. Finché nel 1974 il povero Dortmunder, stufo di fallire miseramente ogni colpo, decide di andare a scuola dai migliori: vuole fare un corso d’aggiornamento sul crimine, quindi si rivolge al miglior ladro in circolazione.
«Murch prese il volumetto. Gli sarebbe piaciuto? Hanno rapito Bobby di Richard Stark. — Di che parla?
— Di un criminale — rispose Kelp. — Di un criminale di nome Parker. Questo Parker assomiglia molto a Dortmunder.»
Westlake, in piena ispirazione da gioco letterario, scrive così il romanzo Come ti rapisco il pupo (Jimmy The Kid, 1974), firmandosi con il proprio nome, in cui l’anti-Parker Dortmunder legge un libro di Richard Stark con protagonista Parker… che «assomiglia molto a Dortmunder». Come se non bastasse, il finto libro di Stark citato si intitola Hanno rapito Bobby (Child Heist), titolo che ha fatto impazzire i collezionisti, convinti esistesse un romanzo inedito di Stark. (Aiutati dai pessimi siti che ancora oggi annoverano quel libro inesistente nella bibliografia dell’autore.)
Il gioco non finisce qui. Il colpo ovviamente va male, seguire l’esempio di Parker non funziona per i cinque pasticcioni e così, perso tutto, decidono di consolarsi andando al cinema a vedere un nuovo film, Roba da bambini (Kid Stuff). Fine del romanzo. Ma… di che parla quel film citato? C’è un’appendice a spiegarlo, con riportata una lettera in cui Richard Stark in persona scrive alla produzione del film Roba da bambini in cui li accusa di aver plagiato il suo romanzo Child Heist, visto che la pellicola parla di un gruppo di rapitori che palesemente ha usato il suo libro per organizzare un rapimento, anche se poi gli è andata male. Gli risponde il produttore spiegandogli che non esistono gli estremi per il plagio, perché la vicenda è vera: dei rapitori hanno sì usato il suo romanzo come base per il rapimento, ma poi è andato tutto storto e il bambino rapito, sfuggito con il riscatto, ha usato quei soldi per produrre un film che ne raccontasse l’incredibile avventura. Quindi è tutto vero… anche se ovviamente è tutto falso.
Quando il geniale romanzo pieno di giochi letterari esce nel 1974, il film di cui parla è pura finzione, un divertissment narrativo con cui Westlake sta giocando con i lettori, inventando romanzi e film ridendo come un pazzo. Poi però… il falso film diventa vero.
Il 10 agosto 1976 riceve il visto un piccolo film (apparso però in sala solo nel 1979, poco e male) che usa dei comici in voga all’epoca per portare su grande schermo i cinque pasticcioni di Westlake, basandosi sulla versione del suo romanzo uscita il 25 maggio 1975 come numero 1373 de “Il Giallo Mondadori” con il titolo Come ti rapisco il pupo. Il vero finto film che si è attirato le ire di Richard Stark ora esiste sul serio.
Ecco la formazione che Lucio De Caro mette in campo per l’occasione:
- Elia (Teo Teocoli) è Dortmunder
- Pinin (Massimo Boldi) è Kelp
- Dado (Umberto Smaila) è l’esperto di motori Stan Murch
- Dada (Franca Valeri) è la tassista mamma Murch
- Rita (Stefania Casini) è May, la compagna di Dortmunder
Comici di varia natura e varie generazioni al servizio di una vicenda che si rifà non tanto al romanzo di Westlake… quanto al finto film in esso citato.
Durante una delle sue tante vacanze in carcere, Pinin ha letto un romanzo giallo che gli ha dato delle buone idee, così fa recapitare ai suoi amici-complici una copia de “Il Giallo Mondadori” dal titolo Come ti rapisco il pupo. Sì, è un gioco letterario che si rifà a quello originale di Westlake, ma a me sembra pure una bella marchetta alla Mondadori…
Così scrive Westlake:
«Dortmunder prese il libro. Era intitolato Hanno rapito Bobby, e l’autore era un certo Richard Stark. — Dev’essere una porcheria — disse Dortmunder.»
Così ci spiega il Pinin filmico:
— Quel libro è un piano eccezionale, perfetto, infallibile per fare un colpo da… un miliardo o due.
— Uno o due?
— Diciamo un miliardo.
Elia non è per nulla convinto della trovata:
«Tu pensi che uno schifoso scrittore di romanzi gialli possa ideare un piano meglio di quelli che faccio io?»
La risposta è ovviamente sì.
I cinque criminali da strapazzo organizzano il rapimento del giovane Jimmy (Renato Cestiè), figlio del ricchissimo affarista Sterzi (Walter Chiari). E visto che abbiamo fatto una bella pubblicità alla Mondadori, la vogliamo fare anche alla Lancio? Così, guarda caso, il giovane rampollo viene mostrato intento a leggere un “Lanciostory” (Anno II) n. 45 del luglio 1976, evidentemente la data delle riprese.
Se in originale i ladri di Westlake citano pagine di un romanzo inesistente, quindi hanno grande libertà, i nostri italici lestofanti mettono in atto un piano citando pagine di un romanzo esistente, anche se però le citazioni non corrispondono al cartaceo. Fa nulla, lo stile viene rispettato e così ai cinque furbastri capita ogni genere di incidente, a volte causato da stupidità a volte da fatalità.
Il giovane sequestrato ci mette poco a diventare prima parte del gruppo poi furbacchione ad honorem.
Una curiosità. Nel romanzo, durante i lunghi giorni di sequestro i cinque protagonisti passano il tempo davanti ad una piccola televisione portatile, dove vedono La moglie di Frankenstein (1935), La “cosa” da un altro mondo (1951) e altri classiconi. E quando li becchi in TV questi classici in Italia? Nel suo adattare la vicenda americana alla contemporaneità italica, De Caro ha l’idea giusta, e i cinque furbastri davanti alla T si gustano con grande attenzione e piacere l’ottimo La polizia sta a guardare (1973) di Roberto Infascelli. «Per noi è tele-scuola», ironizza Franca Valeri: non a caso parla degli sforzi della polizia contro i rapimenti di giovani.
Il quadretto è completato da papà Sterzi che pensa molto più gli affari che alla famiglia, infatti la moglie è scappata con l’amante e il figlio lo conosce giusto di vista. I suoi pasticci coi rapitori sono arginati dall’astuto ispettore Sessa (Felice Andreasi), che prende troppo sul serio una faccenda che seria non è.
Imperdibili i loro terzetti al telefono con la rapitrice Dada che chiede il riscatto.
Per chiudere davvero col botto i cinque furbastri, una volta gabbati dal giovane furbacchione, avrebbero dovuto chiudere la vicenda andando al cinema a vedere Come ti rapisco il pupo, invece non succede: gran peccato. Comunque il film di De Caro rimane un gioiello di gioco narrativo, come tutti i film italiani dell’epoca infarcito di marchette in ogni dove.
A conclusione di questa parata di giochi letterari, con personaggi che leggono romanzi del proprio autore, mi piace citare il finale di Assassinio sul treno (Murder She Said, 1961), con l’iconica Margaret Rutheford nei panni di Miss Marple intenta nella lettura di È troppo facile (Murder is Easy, 1939) di Agatha Christie.
Un personaggio di Agatha Christie che legge un romanzo di Agatha Christie… e Agatha Christie muta!
(continua)
L.
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