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L’impero dei cadaveri (2015) e le indagini etrusche

25 Feb

Mi ha stupito trovare ben due mie “indagini” presenti nel film d’animazione giapponese “L’impero dei cadaveri” (Shisha no teikoku, 2015) di Ryôtarô Makihara, tratto da un romanzo… morto e riportato in vita!

Per una beffa del destino, infatti, il romanzo omonimo che racconta di morti riportati in vita è “morto” nel 2009 insieme al suo autore, Project Itoh, rimanendo incompiuto. Nel 2012 è stato riportato in vita dallo scrittore Tô Enjo e pubblicato.

Il film d’animazione è distribuito in DVD e Blu-ray da Yamato Video, ma io l’ho visto su Prime Video, piattaforma che sto utilizzando per vedere tutti quei film che non avrei mai cercato di mia spontanea volontà, come appunto quelli d’animazione giapponese che non mi hanno mai attirato.

La storia si apre facendo riferimento ad una moderna leggenda metropolitana del tutto falsa:

«È stato accertato che quando un essere umano muore il suo peso diminuisce di ventun grammi rispetto a quand’era in vita: è il peso dell’elemento spirituale, il cosiddetto peso dell’anima.»

Ho già parlato approfonditamente dell’antica idea di “peso nell’anima” e di come nel Novecento sia nata la falsa leggenda dei ventuno grammi, di cui lo stesso autore non era poi così convinto. Curiosamente, poi, una scritta ci informa che la vicenda del film d’animazione si svolge nel 1878, quindi decenni prima che la teoria dei ventuno grammi nascesse.

Ritaglio del 1907 con la nascita del falso mito dei 21 grammi

Comunque la storia giapponese parte da questo mito occidentale per portarlo alle estreme conseguenze:

«Installando pseudo-elementi spirituali in corpi ormai privi di anima noi facciamo risorgere i morti. Però si tratta di anime non autentiche.»

Come succede spesso nella narrativa d’animazione giapponese, si prendono elementi famosi della cultura occidentale per fonderli insieme in storie originali. Qui per esempio la tecnologia del necroware – cioè la possibilità di riportare in vita cadaveri, anche se non è che il risultato sia molto “vispo” – è iniziata con il dottor Frankenstein, e durante la vicenda vengono citati altri grandi nomi della letteratura classica, fino addirittura ad Ivan Karamazov, uno dei “fratelli” omonimi di Dostoesvkij. (Ma Dostoesvkij è letteratura occidentale od orientale? L’essere nato nella Russia europea rende l’autore europeo?)

«Ciò che ci è stato lasciato sono solo fantocci, che non possiedono né anima né parola, imitazioni.»

Questo è tutto ciò che offre la tecnologia del necroware, ma cosa succederebbe se si potesse inserire quei ventun grammi d’anima in un corpo risorto? «Suppongo che anche chi abbiamo perduto tornerebbe».

Installazione di pseudo-elementi spirituali nel corpo di un defunto

Il film (che consiglio caldamente) ha moltissime trovate intriganti e mostra un Ottocento alternativo la cui economia e società si basa, in pratica, sui cadaveri risorti (da cui il titolo), ma il protagonista Watson è interessato principalmente all’idea di riuscire a dare un’anima a quei semplici cadaveri semoventi.
Egli sa che il primo rianimatore, Victor Frankenstein, è riuscito a creare un “corpo senziente”, capace di parlare e di provare emozioni, ma nessuno sa come abbia fatto: il segreto… è nella parola.

Il protagonista (al centro) e due forme diverse di cadaveri rianimati

Questo film animato sembra pensare a me, visto che dopo aver fatto riferimento alla mia ricerca sui ventuno grammi fa riferimento ad un altro mio grande viaggio: quello nella parola creatrice, pronunciata o scritta.

Una vecchia indagine etrusca

Da sempre c’è l’idea che pronunciare qualcosa significhi anche dargli vita, e forse il segreto per sollevare semplici cadaveri e persone senzienti sta proprio in questo: non inserire grammi d’anima, ma parole. Parole così intense – come quelle pronunciate dalla creatura di Frankenstein per la sua perduta sposa – in grado di dar vita ad una coscienza all’interno di corpi. Già solo per queste idee merita una visione il film.

L.

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23 commenti

Pubblicato da su febbraio 25, 2021 in Indagini

 

23 risposte a “L’impero dei cadaveri (2015) e le indagini etrusche

  1. Madame Verdurin

    febbraio 25, 2021 at 9:19 am

    Argomento interessantissimo! Innanzitutto Frankenstein e il suo mostro sono figure mitologiche (non per niente il secondo viene detto Prometeo moderno) di enorme efficacia e suggestione, usate più o meno bene per incarnare messaggi importanti (il loro utilizzo in Penny Dreadful per esempio mi è piaciuto un sacco!). Poi la parola creatrice, come nella Bibbia in cui Dio incarica Adamo di nominare le cose, o nella filosofia greca… ora vorrei tanto leggere quello che hai scritto tu sull’argomento, intanto grazie per la dritta, potrei recuperare il film su Prime, se ben fatto potrebbe essere davvero interessante!

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    • Lucius Etruscus

      febbraio 25, 2021 at 9:25 am

      Non sono un appassionato di anime quindi non saprei dire se è migliore o nella media, sicuramente è un film che affronta argomenti molto intriganti e li mischia con forti dosi di avventura.
      Nella mia indagine mi focalizzo sul mito dell’Apprendista Stregone, perché incarna sin dall’antichità la possibilità di creare mediante la parola pronunciata (occhio a non sbagliarla!). Se segui il link troverai il mio viaggio, che parte dall’antico Egitto fino alle scope animate di Topolino in “Fantasia”: anche perché la storia raccontata è sempre quella ^_^

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  2. Il Moro

    febbraio 25, 2021 at 9:32 am

    Ma sai che ho scritto giusto settimana scorsa l’articolo per questo film? Lo pubblicherò più avanti. A me però non è piaciuto granché, soprattutto la prima parte, pesante, confusa e noiosa. Non male comunque tutta l’estetica zombi-steampunk con le schede traforate e le complesse macchine bronzate. Ma non posso sopportare la ginoide che “desidera” avere dei sentimenti ed è “triste” perché non riesce a provare emozioni, praticamente un ossimoro con le gambe.

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    • Lucius Etruscus

      febbraio 25, 2021 at 9:43 am

      Non stravedo per gli anime, quindi non saprei giudicare il film in sé, e di sicuro l’avrei bellamente ignorato se non fosse stato per le tematiche trattate. (Ho visto “anticipato” il post sul tuo blog ma il link non era ancora attivo, immaginavo ci stessi lavorando 😉

      Approfittando di Prime Video mi sono sparato un sacco di anime, perché non mi piacciono, non voglio perdere tempo a cercarli, ma sono curioso, quindi averli lì pronti a portata di click è stato un grande richiamo. La confusionarietà e troppo spesso la totale inconcludenza mi sembra un tratto comune, ma sanno usare quei trucchi magici che funzionano e ti catturano l’attenzione. Qui c’era il trucco più banale di tutti, il tema più scontato e abusato della narrativa novecentesca: l’automa che sogna di diventare umano. Ah, quanta grezza banalità!
      Però la trovata dell’anima donata mediante parola è stata ghiottissima: forse noi, con il nostro bagaglio culturale cristiano che diamo per scontato, non l’avremmo usata, mentre una cultura diversa, che trova ancora “freschi” cerchi richiami religiosi, riesce a giocarci meglio.
      Dopo 5 film di Ken il guerriero, 3 stagioni dell’Attacco dei Giganti e vari anime che già ho dimenticato, diciamo che non ho minimamente cambiato la mia opinione sul genere, ma almeno sono più documentato di prima 😛

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      • Il Moro

        febbraio 25, 2021 at 10:02 am

        Ci sono dei capolavori tra gli anime, ma è chiaro che hanno uno stile di narrazione abbastanza comune che non deve per forza piacere a tutti. I vari film di Miyazaki di sicuro li conosci già, ma ti consiglio anche i film di Satoshi Kon, che ho trovato splendidi. Magari prima o poi ne parlerò.
        L’attacco dei giganti a me è piaciuto molto. I film di Ken il guerriero ammetto che li ho evitati, alla fine raccontano sempre la stessa storia che conosco a memoria…

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      • Lucius Etruscus

        febbraio 25, 2021 at 10:10 am

        I cinque film di Ken possono essere riassunti tutti in un’unica frase: Ua-tà-tà-tà-tà-tà-tà-tà-tà 😀
        Con L’Attacco dei giganti mi sono infognato subito, trovando incredibilmente stuzzicante l’idea e i tanti misteri che prevedeva, e più ogni puntata NON spiegava niente, più andavo avanti: ero completamente lostizzato! Poi man mano l’accumulo di troppe informazioni ha reso un po’ legnosa la narrazione e sono arrivato alla fine con molta fatica, storcendo parecchio la bocca. (La quarta stagione mi pare sia slegata dalle vicende quindi l’ho del tutto evitata.)

        Lo stile animato non mi ha mai interessato, non riesco a provare emozione, ma se poi le storie sono intriganti mi ci infogno. Tranne se si va troppo sul fantasy e si esagera con le donne-gatto e robe varie. Non ricordo il titolo, ma su Prime c’era una di queste robe che ho subito tolto di mezzo 😛

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      • Conte Gracula

        febbraio 25, 2021 at 1:49 PM

        L’autore che ti ha consigliato Il Moro, Satoshi Kon, forse potrebbe piacerti: Paprika è un bel giro sulla giostra della droga e visivamente di un certo impatto, oltre che un inno ai sogni, al cinema e al non “lobotomizzare” se stessi; Millennium Actress è stupendo, parla di un intervista a una grande attrice fittizia e cavolo, lo riguarderei pure adesso! Mi hanno detto bene di Paranoia Agent, ma non l’ho ancora visto…

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      • Lucius Etruscus

        febbraio 25, 2021 at 1:52 PM

        Ho seri problemi ad associare temi così drammatici con l’animazione, non ci sono riuscito quando arrivò “Akira” in Italia e tutti impazzirono e non ci sono riuscito durante tutti questi anni di tentativi. Le storie mi piacciono, il mezzo scelto per raccontarle no, mi smorza l’entusiasmo. E’ un problema mio, non ci piove, ma non mi metto davvero a cercare questi prodotti la cui visione mi è alquanto indigesta. Se li becco su Prime magari ci butto un occhio, ma questo è il primo film decente che ho visto dopo due o tre prodotti che ho trovato orripilanti…

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      • Conte Gracula

        febbraio 25, 2021 at 2:01 PM

        Io sono dubbioso che certi temi possa affrontarli il cinema dal vivo, per gli stessi motivi XD le secchiate di escrementi che certo cinema mi ha tirato in faccia…

        Come in ogni ambito, il problema diventa la necessità di commercializzare l’opera; in Giappone, poi, quando si parla di serie a fumetti ci si mette di mezzo il sistema produttivo, con la necessità di star dietro ai risultati dei sondaggi dei lettori e i palesi allungamenti di serie che avrebbero giovato di sviluppi più brevi, ma ahimè, hanno avuto successo dall’inizio e non puoi ammazzare troppo presto la vacca grassa.

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      • Lucius Etruscus

        febbraio 25, 2021 at 2:06 PM

        Recensendo filmacci di serie Z mi è capitato di trovare ottimi spunti, belle idee, rovinate da un’esecuzione pessima per mancanza di mezzi, e sicuramente se voglio raccontare un futuro fantascientifico pieno di effettoni specialoni e mostroni e macchine gigantesche non troverò mai i soldi per farlo dal vivo, mentre un film animato rende tutto accessibile, ma se voglio raccontare una delle storie drammatiche che mi hai citato, i mezzi ci sono per chi abbia talento.
        Non discuto quindi le trame, discuto il mezzo. E’ come assistere ad una rappresentazione di burattini: non vai lì perché la trama ti intriga, ma per vedere i burattini mernarsi. Il medium anime non mi dà alcun piacere, semmai un po’ di fastidio, quindi può avere anche un’ottima trama ma mi riesce difficile sceglierlo per piacere.

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      • Conte Gracula

        febbraio 25, 2021 at 2:12 PM

        Personalmente potrei rinunciare ai film dal vivo, ma non all’animazione; probabilmente sono più abituato ai cartoni che ai film ^^

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      • Lucius Etruscus

        febbraio 25, 2021 at 2:21 PM

        Questo perché ti piace il medium: a me invece non piace, sebbene per decenni abbia provato a vederlo, quindi non mi importa perdermi capolavori che non potrei neanche riconoscere come tali, esattamente come non vedo spettacoli di burattini perché non trovo appassionante quello strumento di intrattenimento 😛

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      • Conte Gracula

        febbraio 25, 2021 at 2:03 PM

        Riguardo ad Akira, ha dato problemi pure a me: bei disegni, belle animazioni, storia incomprensibile.
        Chi ha letto il fumetto mi ha detto che il film prendeva solo i primi volumi, forse se avessero fatto il film a serie completa… ma magari avrebbero dovuto condensare molto la trama.

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      • Lucius Etruscus

        febbraio 25, 2021 at 2:09 PM

        Ricordo scene di panico in giro, era l’alba dell’Invasione dei giapponesi: Pearl Harbour è stato uno scherzo, in confronto all’invasione fumettistico-animata!
        Non ricordo se Akira l’ho visto su Tele+ o da videoteca, comunque ne parlavano tutti come del Secondo Avvento quindi ero curioso: temo di non essere arrivato neanche a metà, e il mio saggio responso è stato: “Ma che è ‘sta cazzata?” E via, automaticamente ero diventato Leggenda, visto che chiunque, pure “Giardini e Sanitari” lo presentava come Dio Akira e chi non gli piace è scemo 😛

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      • Conte Gracula

        febbraio 25, 2021 at 1:43 PM

        Non è che quando si citano le parole si parla pure di Kotodama? Dovrebbe significare qualcosa tipo “l’anima della parola” e fa riferimento a una credenza giapponese secondo cui le parole hanno un’anima e possono essere usate per provocare un effetto magico sul mondo (i kotodama venivano usati anche nelle poesie, se ricordo bene le lezioni di letteratura giapponese. Immagino succedesse per dare uno spirito all’opera).

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      • Lucius Etruscus

        febbraio 25, 2021 at 1:49 PM

        Onestamente non ho sentito pronunciare quella parola, ma a questo punto è facile che lo spunto del film parta da lì.
        Sarebbe da fare un lungo viaggio per l’Asia seguendo il concetto di “parole che provocano effetti”, dai mantra indiani alle formule pronunciate dai ninja alle nenie dei santoni. E visto che la cultura cristiana non manca certo di concetti simili, direi che è un sentimento che ci accomuna tutti: in fondo la parola è il primo veicolo di contagio memetico 😉

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    • Il Moro

      febbraio 25, 2021 at 10:46 am

      L’attacco dei giganti svela i misteri alla fine della terza stagione, ma la storia non è finita. La quarta probabilmente è la conclusione, niente più misteri credo, devo ancora vederla.
      Dell’animazione giapponese bisogna evitare le cose troppo fantasy o ancora di più quelle troppo fantascientifiche, vanno costantemente, quasi che fosse una regola precisa, a finire in stranezze metafisiche e surreali con il protagonista che fluttua in campo bianco, e non ci si capisce una mazza. Meglio quelle che, anche con elementi fantastici e/fantascientifici, rimangono più con i piedi per terra.

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  3. Vasquez

    febbraio 25, 2021 at 9:59 am

    Si può pensare che pesi 21 grammi anche la prima “E” di “emet” (o per meglio dire: la sua corrispondente lettera ebraica) scritta sulla fronte del golem? Tolta quella scompare anche ogni parvenza di vita – e di anima -dal simulacro, sempre se non ricordo male…

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    • Lucius Etruscus

      febbraio 25, 2021 at 10:06 am

      Tutti gli incroci sono possibili, anche se il (falso) mito dei 21 grammi nasce solo nel 1907. Visto che il mito del Golem è ancora più recente, in effetti le due cose potrebbero essere fuse senza problemi 😛

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  4. Conte Gracula

    febbraio 25, 2021 at 1:55 PM

    Mi hai messo una certa curiosità. C’è un fumetto in tre volumi con lo stesso titolo, ma in inglese – immagino sia legato al progetto – è uscito in italiano qualche anno fa.
    Con lo spunto di Frankenstein e del suo mostro uscì un’altra serie giapponese, anni fa: Embalming. Lì il focus, però, erano i “novelli prometei” che si menavano grazie ai poteri ottenuti con la rianimazione (gli scienziati pazzi si impegnavano molto ad aggiungere funzioni assurde alle loro creazioni).

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    • Lucius Etruscus

      febbraio 25, 2021 at 2:02 PM

      Temo non esista spunto più abusato e banale di Frankenstein, quindi penso ci siano secchiate di altre storie che ci fanno riferimento più o meno direttamente. Sicuramente più intrigante qui il riferimento ad Ivan Karamazov, che da noi è un personaggio dimenticato ma evidentemente ha ancora il suo fascino in terre asiatiche.
      Mi ha stupito che con il nuovo millennio e la nascita di personaggi che Dostoevskij aveva descritto alla perfezione duecento anni prima non ci sia stata un ritorno di fiamma per Fëdor: il suo Ivan Karamazov è un personaggio titanico, e purtroppo di strettissima attualità nella nostra epoca. Invece continuano a menarcela con Frankie… 😀

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      • Conte Gracula

        febbraio 25, 2021 at 2:09 PM

        Non conosco il personaggio di Dostoevskij, non ho un buon rapporto con la letteratura russa (a volte la trovo poco scorrevole.
        Nel caso della creatura di Frankie, c’è sicuramente il fascino di vari temi, come il delirio di onnipotenza, la creazione della vita, l’essere artificiale, un po’ di androide, un po’ di golem, un tocco di biblico…
        Certo, la sovraesposizione rischia di levare fascino e toglie spazio ad altri argomenti.

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      • Lucius Etruscus

        febbraio 25, 2021 at 2:19 PM

        Provo anch’io il fascino di Frankie e di tutto ciò che comporta, ma alla milionesima opera che lo sfrutta l’argomento ha perso decisamente il suo fascino 😀
        Dostoevskij è l’anti-scorrevole per eccellenza, non ci piove, un personaggio può parlare per dieci pagine senza tirar fiato, ma vale dannatamente la pena.
        I tre fratelli Karamazov sono concretizzazioni di tre aspetti della natura umana: Dmitrij (Mìtja) è la passione, spesso incontenibile, Aleksej (Aliòscia) è la parte spirituale e Ivan (Vànja) è l’intelletto, in ogni accezione che gli si possa dare. Perché una mente fredda può essere lucida ma anche pericolosa. (Poi c’è il quarto fratello, Smerdjakov, che è la parte volgare, bassa, e come tale è tenuto in disparte.)
        E’ chiaro che questo film d’animazione cita Ivan solo per tirare in ballo un nome famoso, non mi sembra che riprenda temi a lui legati, anche se lo spazio c’era. E’ Ivan, la mente fredda e calcolatrice, il nichilista, che crea la favola del Grande Inquisitore e la racconta al fratello religioso, con il suo Gesù che torna e rimane muto davanti al mondo che trova. Ecco dunque il “morto che ritorna” e che si poteva sfruttare qui, ma chiaramente con Frankie si va sul sicuro e si raggiunge chiunque, soprattutto i tantissimi che non hanno mai letto l’opera di Shelley. Temo che siano la maggior parte dei fan di Frankie.

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