Terza parte della mia chiacchierata con Ivano Landi del blog “Cronache del Tempo e del Sogno“, all’interno del mio viaggio nell'”Archeologia da Edicola“.
Ricordo che tutte le immagini, con relative didascalie, sono fornite da Ivano stesso.
Intervista a fumetti
con Ivano Landi
La Nerbini è sicuramente la casa italiana più famosa fino al secondo dopoguerra: nella tua esperienza di collezionista, come trattava i suoi fumetti? Erano prodotti di qualità o in serie?
Comincerei in realtà a rispondere a questa domanda sulla Nerbini citando una diversa casa editrice, la Fratelli Spada. Per motivi anagrafici, è attraverso una pubblicazione di questa seconda casa editrice che io, all’età di sei anni, sono giunto in contatto per la prima volta con uno degli storici “personaggi Nerbini”: Gordon. Della mia “collezione” di allora faceva infatti parte, arrivato nelle mie mani attraverso percorsi che non sono assolutamente in grado di ricostruire, il numero 62, del 3 dicembre 1966, della testata Gordon dei Fratelli Spada, primo classico in assoluto a fare ingresso nella mia vita.
Apro, già che ci siamo, una parentesi e mi ricollego per un momento a una risposta precedente, dove ho detto che negli anni ’60 e all’inizio dei ’70 non sembrava esservi nessun vero interesse popolare per i personaggi nati negli ’30, che apparivano piuttosto confinati nel loro passato. Eppure, per quel che ne so, la casa editrice dei Fratelli Spada – che dal 1962 aveva ripreso a pubblicare le storie dei personaggi de L’Avventuroso dal punto in cui si era fermata la Nerbini – in quello stesso periodo prosperava… doveva quindi esistere, insieme ai vecchi nostalgici (categoria alla quale ormai appartengo di diritto), un numero adeguato di nuovi lettori interessati a qualcosa che si differenziasse dal fumetto “di massa”. Ho anche spiegato di aver conosciuto io stesso, in anni successivi, alcuni di questi lettori “diversi”, ma devo dire che faccio lo stesso molta fatica, ancora oggi, a immaginarli nell’ordine di quelle decine di migliaia che pure dovevano essere. Chiusa parentesi.
Continuando con la mia cronistoria, le pubblicazioni Nerbini le scoprii invece solo negli anni ’70, quando potei acquistare alcuni numeri della serie di trenta albi di Gordon uscita, nel formato gigante quadrato, tra il 1946 e il 1947. Ma furono soprattutto le ristampe della nuova Nerbini, in particolare di Jim della Giungla e Cino e Franco, a farmi scoprire, dal 1973, le vecchie serie anni ’30. L’antica casa editrice era stata infatti resuscitata nel 1971 da Alfonso Pichierri, un appassionato di fumetti del Sud Italia che si era trasferito a Firenze, e dalla moglie Giuliana Ghignoni, figlia di quel Gino Ghignoni che dopo aver collaborato con Mario Nerbini aveva a sua volta rilevato e diretto la casa editrice fino alla sua morte, avvenuta, credo, negli anni cinquanta.
Mi chiedi quale fosse il livello di qualità di tali pubblicazioni? Se parliamo in termini puramente estetici, di bellezza degli albi, mi viene da risponderti, del tutto soggettivamente, buono; se invece affrontiamo la questione dal punto di vista filologico, allora il discorso cambia.
Prima di tutto, come ho già detto, in America le strisce a fumetti avevano una destinazione di pubblico adulta, e sebbene non vi apparisse nessun vero nudo, si cercava comunque di mostrare quanta più pelle scoperta fosse lecito. E questo in Italia, dove i fumetti avevano un’altra destinazione, rappresentava un problema che gli addetti ai lavori erano chiamati a risolvere, in genere impiegando parte del loro tempo a rivestire da capo a piedi eroine seminude. Inutile dire che questa risoluzione del problema ne creava altri ben più gravi, almeno agli occhi dei futuri filologi del fumetto se non degli ignari lettori, e facilmente immaginabili, con il disegno originale che finiva per essere ricoperto o alterato da aggiunte spesso maldestre o intere vignette che sparivano nel nulla.
Se a questo poi si aggiunge il passaggio, in fase di stampa, dalla quadricromia alla tricromia (che aveva in ogni caso un suo fascino inequivocabile, tanto da diventare una sorta di marchio di fabbrica della Nerbini); il libero rimontaggio delle tavole e delle strisce, che in alcuni casi dovevano essere riadattate al formato degli albi; le traduzioni sommarie a opera di persone che avevano talvolta una conoscenza solo approssimativa dell’inglese e che si aiutavano con le immagini per ricostruire i testi di nuvolette e didascalie… credo sia chiaro come, a livello oggettivo, lo stato delle cose fosse ben lontano dalla situazione ottimale.
(continua)
L.
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Cassidy
agosto 23, 2017 at 7:31 am
Ombelichi e schiene femminili direi che erano il tabù dell’epoca, intanto continuo ad imparare, Alex Raymond lo conoscevo giusto per “Flash Gordon”. Cheers!
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Lucius Etruscus
agosto 23, 2017 at 7:44 am
Ma pensa quanti fumettisti italiani si sono dovuti mettere a rivestire le donnine… che lavoraccio!
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Ivano Landi
agosto 23, 2017 at 7:52 am
Spero che continuino a passarti regolarmente i popcorn, Cassidy 🙂
Oltre a Flash Gordon, Alex Raymond ha anche disegnato Jim della Giungla e Rip kirby, un fumetto, quest’ultimo, davvero degno di nota.
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redbavon
agosto 23, 2017 at 10:04 am
Censure e sarti di china e colore. La moda in Italia è nata sui fumetti! 😉
Almeno quel polpettone nostrano del film Flash Gordon è stato fedele a riportare le donne discinte e voluttuose (la Muti non era proprio una stanga americana, ma teneva botta).
I Fratelli Spada! Ho un albo Spada di Turok, tutto a colori. Lo hai visto nel post Infanzia in un tag. La storia la so a memoria e ora ho scoperto anche le sue origini.
Mi sta montando paurosamente di nuovo la scimmia dei fumetti…
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Ivano Landi
agosto 23, 2017 at 10:23 am
Bentornato Redbavon! Ho commentato poco fa il tuo post con l’albo di Turok e ho anche risposto a uno dei commenti che hai lasciato nei post precedenti.
Se non ricordo male, Ornella Muti nel film interpretava la principessa Aura. Discinta sì, ma mai quanto nel fumetto di Raymond, dove praticamente girava in topless 😀
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redbavon
agosto 23, 2017 at 10:27 am
Ahahah…A parte che già è un passo avanti per noi bizzochi italici. La Muti semmai peccava di taglia 😉
PS: Ho visto i tuoi commenti e ho anche risposto. Sono andato in spam da solo?!? 😉
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mikimoz
agosto 23, 2017 at 1:31 PM
Ancora un grande articolo, sì, altro che semplice intervista.
Davvero complimenti a entrambi.
Censure assurde se pensiamo a oggi (ma coi cartoon giapponesi hanno fatto ciò fino a pochi anni fa, le STESSE COSE).
Moz-
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Lucius Etruscus
agosto 23, 2017 at 1:55 PM
Oggi il problema è risolto: non arriva più niente! 😀 Tanto da un paese come gli Stati Uniti, che vive in pieno Medio Evo, arriva roba al cui confronto Lupo Alberto è porno! 😛
Preferisco la censura, che si può aggirare, all’autocensura, che è inesorabile…
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theobsidianmirror
agosto 24, 2017 at 5:38 PM
Censure a parte (argomento peraltro divertentissimo) non posso fare a meno di notare dei dialoghi che rasentano il ridicolo. Forse per quello che già quarant’anni fa questi fumetti venivano snobbati…
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