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Parker: Comeback (1997)

13 Mag

Quarta mia tappa nel viaggio tra le avventure del ladro e assassino Parker, nato dalla penna del ruvido scrittore Richard Stark, alter ego “duro” del più mansueto e innocuo Donald E. Westlake.

La volta scorsa ho scelto la 16ª avventura del personaggio e ora la 17ª, e l’ho fatto perché fra i due romanzi passano ben ventitré anni, tempo durante il quale Stark non parlava più con Westlake.

Ho tradotto l’articolo del 2001 con cui Westlake ha raccontato di come per anni Stark gli parlava e gli dettava i romanzi con Parker, poi con Butcher’s Moon (1974) tutto è finito: il suo pseudonimo non è venuto più a trovarlo e l’ispirazione è evaporata.

Stando a Westlake, mentre scriveva la sceneggiatura del film Rischiose abitudini (The Grifters, 1990), tratto dall’omonimo romanzo di Jim Thompson, l’insistenza del regista Stephen Frears perché usasse lo stile Stark ha smosso qualcosa, e una volta conclusa quell’esperienza Westlake ha scoperto che Stark si stava rifacendo vivo. Non ha spiegato come mai ci siano voluto ben sette anni perché il ritorno dell’ispirazione arrivasse in libreria, comunque risale al 1997 questo “Comeback“, ritorno di Parker che nel 2003 Andrea Carlo Cappi traduce per la collana “I Bestseller del Crimine” che curava per la Sonzogno.

Il mio piano era di leggermi il romanzo di Jim Thompson e vedermi il film di Frears, così da capire come Westlake avesse adattato quel libro in una sceneggiatura “starkiana”, ma il piano si è arenato contro due scogli belli grossi: il romanzo di Jim è di una noia mortale, una valanga di parole inutili buttate a caso, e il film di Frears fa schifo al cacio (sui maccheroni). In effetti dalla mia visione dell’epoca ricordavo un film profondamente deludente, ma rivisto oggi, a trent’anni di distanza, l’ho trovato brutto da far schifo. Peggio: di una inutile stupidità da far paura. Mi sa che Westlake sceneggiatore non rientra nei miei gusti.

Quel piano è saltato quindi non mi è rimasto altro, in questo mio viaggio, che leggermi Comeback per gustarmi un evento letterario davvero particolare: il primo libro di Parker dopo ventitré anni di silenzio come sarebbe stato? Quanto sarebbe cambiato lo stile di Stark dal 1974 al 1997? Purtroppo anche qui la delusione è stata su tutta la linea. Lo stile non è cambiato, purtroppo.

L’ultimo romanzo del ’74 e il primo del ’97 sono identici, come se non fosse passato un solo giorno fra i due: lo stile è inutilmente verboso, ci sono solo lunghi capitoli fatti di chiacchiere inutili e mi si descrivono personaggi di non cui frega niente a nessuno, esattamente il male che attanaglia tutti i romanzi “veri”: per questo mi piace leggere romanzi “di genere”, perché nei casi migliori sono privi di quella inutile puzzonaggine che fa stiracchiare una trama da 100 pagine a 500.

Mi sono segnato questo paragrafo per usarlo come esempio:

«Il Midway Motel occupava una larga porzione di terreno lungo la Western Avenue, di fronte al Seven Oaks Professional Building. Era una costruzione bassa, in cemento, con rifiniture in alluminio dipinto di rosso e porte verniciate in modo da sembrare di legno. Davanti alla facciata, dal lato della strada, c’era un’area interna di parcheggio a disposizione dei clienti. Alle sette e trenta di quel mattino, di fronte a undici delle venti stanze, c’erano auto e furgoni.»

Nel suo citato articolo è Westlake stesso ad ammettere che lo stile di Parker è scarno, diretto, essenziale: perché allora mi racconta della cazzo di rifiniture in alluminio dipinte di rosso? Davvero esiste un lettore a cui freghi qualcosa delle porte verniciate in modo da sembrare di legno?

Se si trattasse solo di qualche descrizione di troppo ci potrei anche stare, ma il romanzo è tutto così: un inutile coacervo di inutili descrizioni allunga-brodo che nascondono una storia di puro chiacchiericcio.

Capisco che il comprensibile desiderio del lettore di sapere cos’abbia fatto Parker nei ventitré anni della sua assenza nono rientri nello stile dei libri, in fondo il personaggio è sempre uguale dal 1962 ad oggi, non avrebbe senso che fossero passati davvero decenni fra le vicende dei due romanzi, ma al di là dello stare a mollo su un lago del New Jersey non sappiamo altro di lui. Anche perché continua l’orribile difetto di rendere protagonisti tutti tranne Parker.

Già nel precedente romanzo infatti Parker è solo una comparsa, e qui si ripete il discorso: mi viene raccontato ogni più inutile particolari su personaggi di cui non me ne frega niente e ogni tanto da qualche vaga nota sembra di capire che Parker è lì, o nelle vicinanze. Una lettura odiosa!

Ormai il mio timore è diventato concreto: o l’autore dell’ottimo Flashfire non è Westlake bensì un ghost writer molto più Stark di lui, oppure è stato un puro caso che mi sia piaciuto quello che a quanto pare è l’unico libro di Parker scritto come si deve. Cioè con Parker protagonista e senza descrivermi le fottute rifiniture in alluminio.

Avrò il coraggio di provare ancora altri romanzi di Stark? Vedremo, ma di sicuro saranno quelli più vecchi, alla ricerca di un Parker meno vuoto.


~ Scheda etrusca ~

Serie Parker n. 17:
Comeback, colpo su colpo
(Comeback, 1997)
di Richard Stark (Donald E. Westlake)
“I Bestseller del Crimine” (giugno 2003)
traduzione e cura di Andrea Carlo Cappi
~
Parker se ne sta tranquillo ad oziare sul lago del New Jersey, a mollo su una barchetta mentre Claire è in casa: una casa di quelle case al lago che i locali usano solo d’estate ma loro, che ufficialmente sono i Willis, vi si trattengono tutto l’anno, defilati dagli altri. Poi arriva una telefonata con una proposta troppo ghiotta per opporvi un rifiuto: c’è un predicatore che ha troppa grana perché un colpo ai suoi danni non renda ricca una banda di tre arditi. Il bottino è ingente e Parker accetta, ma i suoi nuovi complici sono tutto tranne che fidati, quindi Parker dovrà inculcare loro – con le cattive – un po’ di onore tra ladri.

L.

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3 commenti

Pubblicato da su Maggio 13, 2024 in Recensioni

 

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3 risposte a “Parker: Comeback (1997)

  1. Vasquez

    Maggio 13, 2024 at 12:28 PM

    Che film strano “Rischiose abitudini”… ma credo che dipenda dal materiale di partenza (che non ho intenzione di leggere, sia chiaro 😛). Non ne ho capito il senso, non ho capito i personaggi, l’unica cosa che ho capito è che la Houston è cattiva cattivissima…
    Boh, forse è semplicemente invecchiato male.
    Per quanto riguarda Comeback, ogni volta ne guardo la copertina italiana mi vengono i nervi! Di chi sarà stata l’idea di photoshoppare male una scena di “Payback”?!? E chissà se una scena simile è davvero presente nel libro…

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    • Lucius Etruscus

      Maggio 13, 2024 at 12:38 PM

      Temo che la di Mel Gibson non si potesse usare, o costasse troppo, così hanno usato Lucy Liu di sguincio che tanto nel 2004 mi sa che non era notissima, o forse contavano sull’irriconoscibilità. Non una copertina da ricordare.
      Trent’anni fa ricordo che era spacciato come il filmone dell’anno ed è stata una delusione profonda, oggi mi sembra ancora più brutto! Forse perché nel frattempo Cusack è totalmente annacquato come attore quindi non riesco più a vederlo come giovane divo che all’epoca adoravo, comunque la storia non ho proprio capito perché ce l’abbiano raccontata: era tutto un piano di lui? di lei? di chi? e perché il “padre” di lui appare e scompare senza alcun legame nella vicenda? Boh, mi è sembrata una roba da cui mancavano un sacco di parti che si sono persi per strada.

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