Con l’inizio dell’anno ho scoperto un novello interesse per le riviste di storia, sia per la forma più breve degli articoli rispetto ai libri, quindi meglio gestibile nei “tempi morti” della giornata, sia per gustare in pillole certi argomenti che non avrei mai approfondito spontaneamente, scoprendo così spunti interessanti anche dove non li avrei mai cercati.
Per fissare la memoria di quanto letto, ma anche per cercare di “contagiare” chi magari non si mettere mai a leggere di storia, inizio a raccontare in breve le parti più “succose” degli articoli letti, in questo caso dal bimestrale “Storie di Guerre e Guerrieri” n. 47 (febbraio-marzo 2023), edito da Sprea S.p.A. (la stessa casa editrice di riviste come “BBC History”, Civiltà romana”, ecc.)
Quelli che seguono sono miei condensati di articoli dettagliati presenti nella rivista: qualsiasi svista o imprecisione va imputata solo a me, e per qualsiasi approfondimento invito a consultare l’articolo originale in questione.
Italiani al servizio del Caudillo
di Osvaldo Baldacci
archeologo e studioso di storia militare
La guerra civile spagnola del 1936-39 è considerata la «prova generale del secondo conflitto mondiale», ma per gli italiani è stato qualcosa di più: i nostri connazionali dell’epoca erano molto più emotivamente coinvolti nel conflitto da prendervi parte… da entrambe le fazioni!
Usando una tecnica che in questi giorni abbiamo imparato a conoscere, la guerra in Spagna venne combattuta “per procura”: la Germania nazista inviava aiuti militari ai franchisti, l’Unione Sovietica ai repubblicani mentre altri grandi Stati (Francia, Gran Bretagna, USA) inviavano volontari per le Brigate Internazionali a sostegno della Repubblica. E l’Italia? Niente “procura”, Mussolini inviò nostri soldati a sostenere il dittatore Franco, el Caudillo, ma in Spagna c’erano numerosi gruppi di italiani lì esiliati, o lì rifugiati per sfuggire al regime fascista, e questi presero parte attiva alla lotta per far cadere il dittatore, al motto di «Oggi in Spagna, domani in italia».
Dopo la Guerra d’Etiopia il Duce voleva mostrare quanto fosse invincibile la forza italiana e quindi diede il via alla MMIS (Missione Militare Italiana in Spagna), e in breve tempo da 20 mila volontari si arrivò a 50 mila italiani impegnati in Spagna. Decisamente minori erano i numeri degli anti-fascisti nostrani, all’incirca 5 mila, ma l’effetto psicologico fu lo stesso potente: alle truppe fasciste non era stato detto che c’era la seria possibilità di dover affrontare in battaglia propri connazionali, sebbene di fazioni avverse. Malgrado le forze dispari lo stesso gli anti-fascisti ottengono dei risultati, tanto che Luigi Longo (futuro segretario generale del Partito Comunista Italiano, 1964-1972) racconta: «Comprendemmo allora che i fascisti potevano essere battuti».
Nel 1939 la battaglia finisce con la vittoria di Franco e con un milione di morti totali: Londra e Parigi, che avevano inviato aiuti contro il dittatore, riconoscono subito il suo Governo. Quello stesso anno scoppia la Seconda guerra mondiale e la Spagna restituisce il favore al Governo fascista… ah no, manco per niente. Quando si può contare sugli amici…
Lo stratega in camicia rossa
di Mario Galloni
giornalista ed esperto di storia
Lo confesso, non ho letto questo articolo: tredici pagine di Garibaldi esulano dalla mia resistenza e dal mio interesse, ma lo stesso vale la pena citare il fatto che per la missione nel Regno delle Due Sicilie i “garibaldini” hanno acquistato 25 mila unità del moschetto inglese Enfield P-53.

Enfield Pattern 1853 – .577 Ball (da IMFDb)
Altro aspetto interessante è che fra gli stranieri che si sono presi a cuore la causa dell’Unità d’Italia, temo semplicemente per specularci sopra, c’è anche il celebre Samuel Colt, l’armaiolo americano che con la pistola a suo nome ha scritto la storia del West. Prima che Garibaldi partisse da Quarto ricevette un “simpatico omaggio” dall’armaiolo d’oltre oceano: un centinaio di pezzi di sua produzione, tra pistole e carabine. «È possibile che la spedizione contenesse anche revolver Dragoon e Navy Modello 1851». Cioè… la pistola di Zagor!

Colt 1851 Navy – .36 caliber. (da IMFDb)
Raramente gli storici divulgativi parlano di armi, forse da noi si pensa che sia un argomento “scottante”, scabroso, quasi come se la storia andasse raccontata in maniera pacifista: solo con Alessandro Barbero ho scoperto che esisteva una storia “nascosta”, mai citata da nessuno, cioè una storia delle armi che in realtà è parte fondamentale di qualsiasi evento storico.

Zagor e la sua Colt Navy 1851 con i disegni di Walter Venturi
nello speciale “Zagor Color” n. 15 (2022)
Anche nell’articolo a cui faccio riferimento non si fa parola di armi, a parte queste due notizie citate, e invece si dovrebbe: entrambe le armi citate sono a canna rigata, il che significa che sono tecnologicamente superiori alle armi in dotazione avversaria. Se io sono armato di pistola e affronto qualcuno armato di bastone, penso che quando si racconterà quello scontro sarà importante sottolineare questo aspetto, invece non lo fa mai nessuno. Ne ignoro il motivo.

Il giovane John Wayne con un moschetto Enfield Pattern 1853
nel film Il grande sentiero (The Big Trail, 1930) di Raoul Walsh
Oggi è facile dire che sia i moschetti Enfield che le Colt Navy erano armi imprecise, infatti saranno velocemente sostituite da modelli superiori, ma al momento della loro costruzione e del loro utilizzo erano armi migliori rispetto alle canne lisce – quindi a minor gittata e precisione – usate dagli avversari.

Prima apparizione della pistola al cinema
impugnata da Russ Tamblyn nel film La conquista del West (1962)
L.
Il Moro
febbraio 3, 2023 at 9:03 am
Ok, sta a te scrivere “la storia fatta con le armi”, aspetto fiducioso!
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Lucius Etruscus
febbraio 3, 2023 at 9:10 am
ahahah tu ci scherzi, ma è un libro che mi piacerebbe leggere: il problema è che non ne trovo traccia! Al massimo ci sono saggi tecnici su singole armi, che però si perdono il quadro d’insieme. Non posso credere che qualcuno non abbia scritto di un argomento così basilare, visto che le armi fanno parte della civiltà umana ancor prima della sua nascita.
Intanto mi diverto a raccontare i brandelli che trovo in giro 😛
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