Negli ultimi tempi Rai2 sta comprando a secchiate tutti quei minuscoli e infinitesimali filmettini televisivi canadesi che sembrano rappresentare l’unica realtà televisiva americana. Di quelli action e catastrofici parlo nel Zinefilo, qui mi concentro su quelli “librari”.
Un’altra titanica categoria di questi filmettini è quella “babysitter assassina”: ne esistono a valanghe, malgrado il buon gusto faccia pensare ad un numero limitato di trame sull’argomento.
Il 5 luglio 2019 Rai2 ha recuperato una deliziosa opera che non potevo lasciarmi sfuggire, Woman on the Run di Jason Bourque, regista specializzato in filmacci catastrofici: ecco i suoi film che ho recensito nel Zinefilo.
Perché definisco “deliziosa” un’operazione nata dalle mani di un regista terrificante, specializzato in stupidate? Perché gioca con riferimenti, autori e libri, e questa è sempre cosa buona e giusta.
Rai2 ha presentato il film sulle guide TV con il titolo Chi ha rubato la mia vita?, ma per motivi misteriosi l’ha trasmesso senza titolo, facendolo iniziare un fotogramma dopo la fine del film precedente. Io stavo lì, con il tasto sul REC del telecomando e non sono riuscito a capire che stava iniziando il film: sembravano i titoli di coda del precedente!
E sì che la Rai non difetta certo in pubblicità, almeno uno spottino poteva usarlo per separare le due trasmissioni…
Lo sceneggiatore Paul A. Birkett – il folle che ci ha regalato filmacci come Progetto Mindstorm (2001) e Tornado Warning (2012) ma anche divertenti filmetti come Crash Landing (2005) e un piccolo culto come Altitude (2010) – inizia subito la vicenda con un delizioso gioco di rimandi.
Vediamo infatti la scrittrice Nomi Gardner – nota per il suo libro di successo Shattered (“Sconvolta”) – nell’atto di finire il suo ultimo romanzo, in cui la protagonista si chiama Jennifer e nelle ultime righe scopriamo voler trasformare la vicenda appena vissuta in un libro.
Il personaggio è interpretato da Sarah Butler, l’attrice che è ha raggiunto una specie di “fama Z” grazie all’aver interpretato la demenziale saga I Spit on your Grave, dove ricopre il ruolo di una donna sconvolta dallo stupro subìto che si trasforma in spietata giustiziera sanguinaria. Una donna di nome Jennifer… che poi nel 2018 ha scritto un libro dalla sua esperienza, I Spit on their Graves.
Insomma, si comincia davvero con i fuochi d’artificio, anche se in versione Z.
«Questo sarà un bestseller: sarai la nuova Stephen King!» è il commento di Ted (Jerry Wasserman), il suo ex professore con qualche problemino di alcolismo. In generale la vita di Nomi Gardner sembra andare per il meglio. Finché non vediamo che ha in casa una babysitter giovane e bionda: questa cosa finirà male.
Aggredita nel parcheggio, quando Nomi torna a casa il marito la guarda con disprezzo e la chiama Greta, mentre chiama Nomi la bambinaia… ora sua moglie. Con un furto d’identità davvero poco articolato, Nomi viene scacciata dalla sua vita: un parente le ha lasciato una ricca eredità e ora il marito la vuole tutta per sé, così da godersela con la sua nuova moglie giovane.
Non avendo più documenti d’identità – o meglio, avendone con su scritto “Greta March” – Nomi ha un solo modo per dimostrare di essere lei: i suoi libri. Per chiedere l’aiuto di un cameriere conosciuto il giorno prima, suo accanito lettore, lo esorta ad aprire una pagina a caso del suo libro Shattered – che guarda caso l’uomo ha sul sedile posteriore dell’auto – e a leggere un brano a caso:
«Attraversò la strada di corsa guidata da un irrefrenabile impulso…»
E Nomi continua:
«… i boulevard erano insolitamente deserti, come se la città trattenesse il respiro per rispetto, o forse per pietà. Sentiva che se avesse preso una decisione, quel momento di pace sarebbe svanito.»
Non mi sembra proprio che i due brani corrispondano, invece l’uomo è convinto. Quindi accettiamo l’idea che un autore sappia a memoria ogni singola parola dei suoi romanzi? Sarebbe assurdo già solo per un libro, figuriamoci autori che ne hanno scritti decine…
Malgrado viva segregata in casa e senza alcun tipo di vita sociale, fisica o digitale – così che è più facile rubarle l’identità – Nomi si riscopre action heroine ed è in grado di avere la meglio su tutti: tra pugni, calci e coltellate sembra essere tornata la violenta Jennifer che l’ha resa famosa in altri film.
Quando tutto viene risolto, il commento della scrittrice è lo stesso del suo personaggio:
«Ho una grande idea per un nuovo libro.»
Guarda i suoi due figli, e si avvera la previsione dell’inizio del film: il finale scritto da Nomi è esattamente il finale della storia. Il cerchio cine-letterario si è chiuso.
Al di là del divertito gioco dei rimandi con cui si apre e chiude il film, Chi ha rubato la mia vita? è davvero un prodotto di bassissimo livello, che per acchiappare più pubblici cala carte fiacche sullo stesso tavolo verde liso: un po’ di blando thriller, un po’ di modesto action, storie di scrittrici che a quanto pare il pubblico femminile adora, e infine il nemico pubblico numero uno delle spettatrici. Le odiose babysitter. Quei mostri biondi, magri e giovani che entrano in casa a rubare l’affetto dei figli e a mettere idee pericolose nella mente dei mariti.
Ormai si potrebbero riempire cineteche con le decine di filmucoli dozzinali che ogni anno escono a tema “babysitter cattiva”, quindi forse c’è una fetta di pubblico sempre più vasta che li trova anche solo vagamente interessanti.
Tolti questi blandi elementi, del film non rimane altro. Se non un ghiotto pseudobiblion.
Chiudo con il doppiaggio, lasciandone traccia:
Personaggio | Attore | Doppiatore |
---|---|---|
Nomi Gardner | Sarah Butler | Francesca Fiorentini |
Mark Gardner | Jim Thorburn | Alessio Cigliano |
Greta March | Lindsay Maxwell | Ilaria Latini |
Lyle | Josh Byer | Daniele Raffaeli |
Jane Gardner | Bailey Skodje | Elisa Nobili |
Oscar | Matthew MacCaull | Andrea Lavagnino |
Ted Curtis | Jerry Wasserman | Vladimiro Conti |
Detective Krantz | Karen Holness | Anna Cugini |
Doppiaggio: Multimedia Network.
Adattamento dialoghi e direzione del doppiaggio: Nicola Bruno.
Sonorizzazione: Studio1.
Fonico di mixage: Claudio Oliviero (a.i.f.m.).
L.
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Claudio Capriolo
luglio 15, 2019 at 9:55 am
Ciao. E sulle “badanti assassine” si è già scritto o girato qualcosa? 🙂
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Lucius Etruscus
luglio 15, 2019 at 9:57 am
ahahh chissà, con la penuria di soggetti a buon mercato, sicuramente qualcosa sarà stato fatto 😀
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Claudio Capriolo
luglio 15, 2019 at 10:00 am
…e con tutte le badanti cui diamo lavoro in un Paese “vecchio” come il nostro: c’è da sbizzarrirsi 🙂
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Lucius Etruscus
luglio 15, 2019 at 10:02 am
Se in Italia esistesse il cinema, sicuramente sarebbe un soggetto da prendere in considerazione 😉
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Sam Simon
luglio 15, 2019 at 6:39 pm
L’importante è che non si dia la colpa (o il merito) dell’esistenza di questa roba a John Carpenter che nel 1978 fece il suo La notte delle babysitter, anche se poi uscì con un titolo un po’ diverso… :–D
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Lucius Etruscus
luglio 15, 2019 at 6:46 pm
ahahha giusto 😀
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kuku
luglio 27, 2019 at 1:37 am
Questo film mi sembra leggermente una cacchiata. Ma se lei aveva dei figli questi non la potevano riconoscere?
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Lucius Etruscus
luglio 27, 2019 at 7:52 am
Domande lecite che lo sceneggiatore ha scelto di non porsi 😀
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