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I libri “esplosivi” di Imperium (2016)

28 Ago

Quante volte in questo blog ho raccontato come la finzione preceda sempre la realtà? Sembra un gioco di parole, sembra che la “precessione dei simulacri” sia una fantasia divertente: invece le prove serissime arrivano dai punti più impensabili. E ovviamente arrivano dalla finzione, non dalla realtà…

Prima dell’11 settembre 2001 ogni film americano ce la menava raccontandoci che il più grande attentato mai subìto da quel Paese è stato quello di Oklahoma City: guarda caso un attentato compiuto da americani su suolo americano, che quindi rendeva del tutto immotivato ogni azione contro quei cattivoni in Medio Oriente.
Malgrado facessero film che mostravano brutti arabi con le barbe incolte e i vestiti sporchi, la “mente” di quell’attentato è stata Timothy McVeigh, che non era un folle che sentiva le voci: era un sottufficiale dell’Esercito degli Stati Uniti, addestrato e cresciuto in quella cultura, che come un tumore ha colpito chi l’ha alimentato. Invece di andare a fare danni all’etero, forse gli americani dovrebbero cominciare a guardarsi bene in casa, visto che questo non è certo stato un caso isolato.

Mentre venivamo bombardati di film che ci mostravano quanto fosse cattivo il Texas che ancora nel ventesimo secolo che ancora aveva la pena di morte, McVeigh riceveva un’iniezione letale nell’Indiana, l’11 giugno 2001: spero non sfugga l’amarissima somiglianza di questa data a quell’altra

Perché racconto tutto questo? In fondo sembra una storia che conferma quanto la realtà venga costantemente modificata dalla finzione. Un americano compie un attentato su suolo americano e uccide 168 americani: è una notizia troppo assurda da dare al mondo, e la finzione si mette a lavoro, cancellando e modificando. Non è un caso infatti che la richiesta di McVeigh che la propria esecuzione fosse trasmessa in TV sia stata negata: avrebbe lasciato una prova tangibile e la realtà odia le prove. I grandi cattivi della storia non li vediamo mai morire…

Quindi la “morale” è la solita: la realtà viene rimaneggiata e rielaborata? No, perché quella realtà nasce dalla finzione!

Il bello degli americani è che rimuginano in continuazione sui propri sbagli e sui propri difetti, dimenticandosi di ciò che dicono all’estero. Così tutto quanto vi ho raccontato – che all’epoca non è stato raccontato, non con questa chiarezza – lo ritrovate in un breve dialogo all’interno del sorprendente piccolo film “Imperium” (2016), scritto e diretto dal giovane Daniel Ragussis ed interpretato da un bravissimo Daniel Radcliffe, in eterno tentativo di far dimenticare il suo Harry Potter.

Una cenetta al lume di candela… con un classicone in mano

Nate Foster (Radcliffe) è un giovane e promettente agente dell’FBI che vive per il suo lavoro e nelle pause pranzo legge “Il sindaco di Casterbridge” (The Mayor of Casterbridge, 1886) del britannico Thomas Hardy (Einaudi 1944). La sua capa Angela Zamparo (la sempre brava Toni Collette) un giorno affronta con lui il problema di Timothy McVeigh: perché quel soldato americano ha compiuto quel gesto terroristico? Viste la aderenze di McVeigh con gli ambienti suprematisti, cospirazionisti e tutto il circo danzante, la risposta sembra ovvia. non lo è.

Angela ci spiega che la dinamica dell’attentato non nasce dal nulla: è la realizzazione di qualcosa che McVeigh ha letto in un libro!

«Era un veterano della Guerra del Golfo, non era un malato, non aveva problemi psichiatrici e non era uno stupido. Era un suprematista con un piano ben preciso: un piano preso da un libro intitolato I diari di Turner. Parla di una guerra per sterminare i neri, ebrei e razze inferiori, e sai come inizia questa guerra? Il protagonista fa esplodere un camion bomba in un edificio federale. Timothy McVeigh voleva ricreare esattamente quella scena: aveva con sé il libro, quando venne arrestato. Voleva scatenare un conflitto razziale…»

Il romanzo dichiaratamente razzista “The Turner Diaries” (1978) porta in copertina il nome posticcio di Andrew Macdonald, pseudonimo di quel William Luther Pierce che ha fondato l’organizzazione National Alliance (formata da nazionalisti bianchi anti-ebrei) e il cui “pensiero” ha ispirato molte altre organizzazioni similari sparse negli Stati Uniti. Visto che Pierce è morto nel 2002, chissà cos’avrà pensato quando ha visto McVeigh concretizzare ciò che lui aveva immaginato nel 1978…

La CNN il 28 aprile 1997 ci racconta che durante il processo a McVeigh si è detto che nella sua auto, al momento dell’arresto, sono stati trovati brani (poi si dirà “pagine fotocopiate”) del romanzo di Macdonald: ecco una delle frasi sottolineate.

«Ma il reale valore di tutti i nostri attacchi di oggi sta nell’impatto psicologico, non nelle vittime del momento.»

Per la precisione, è una frase estratta dal capitolo IX, che si svolge nell’immaginario 9 novembre 1991.

Ignorato dall’editoria italiana, il romanzo razzista The Turner Diaries arriva nel nostro Paese in un modo davvero curioso.
L’eco del processo McVeigh ha scatenato tutte le grandi menti dello spettacolo, così Joe Dante il 15 marzo 1997 presenta l’incredibile film “La seconda guerra civile americana” (The Second Civil War, 1997), che immagina un futuro in cui gli Stati americani cominciano a farsi la guerra l’un l’altro.

Come potete vedere dalle date, il film esce un mese prima che venga detto in tribunale delle pagine del romanzo: già si sapeva prima del collegamento fra McVeigh e The Turner Diaries? Probabile, ma non conta molto: quello che conta è che nel 2014, di punto in bianco, la nostrana Bietti porta in Italia The Turner Diaries (con la traduzione di Diego Sobrà e cura di Giorgio Galli) e che titolo sceglie? Un davvero incredibile “La seconda guerra civile americana“… Con l’aggiunta del sottotitolo “Il romanzo che ha sconvolto l’America”.

Ecco come introduce il testo il direttore della collana Andrea Scarabelli:

«La prassi vorrebbe che che queste righe prendessero le distanze dal libro che avete tra le mani – e lo si farà, ma a modo nostro. La sconfessione, infatti, non colpirà unicamente i Turner Diaries, […] ma sarà rivolta a quello stesso ambiente che li ha prodotti, a quell’humus che ha offerto loro nutrimento e sostentamento, vale a dire la modernità. L’esistenza di libri come questo, infatti (e qui risiede il loro interesse, da un punto di vista sociologico), testimonia l’esistenza di dimensioni poco note del nostro presente. Dimensioni le quali, spesso ignorate, si impongono alla stampa grazie ai gesti scellerati di un Timothy McVeigh o, più recentemente, di un Anders Behring Breivik. Sono tutte punte di un iceberg inquietante che rivela la presenza di una materia oscura la quale imperversa accanto alle sorti magnifiche e progressive, nel sui segno si è aperta la fase storica che stiamo vivendo.»

Dunque l’indipendente Daniel Ragussis decide di raccontare una storia della modernità diversa dal solito. Mentre tutti i film di guerra ci mostrano i cattivi mediorientali con le barbe brutte e le teste di stracci, è il momento di tornare a guardare in casa propria, dove non si è mai sopita un’ideologia che ha quasi cent’anni d’età.
È dunque il momento che l’agente dell’FBI Nate Foster vada sotto copertura nei gruppi separatisti bianchi… cioè fra i nazisti.

Vademecum per andare sotto copertura

La capa Angela gli svela un segreto: per andare sotto copertura non servono doti fisiche, sta tutto nel controllare la situazione e gestire le persone. A tal proposito fa calare sul tavolo una copia di “L’arte di conquistar gli amici e il dominio sugli altri” (How to Win Friends and Influence People, 1937) di Dale Carnegie (Bompiani 1938), titolo che nel 1986 viene ritradotto sempre da Bompiani come “Come trattare gli altri e farseli amici“.

Gira che ti rigira, alla fine ‘sto libro sbuca sempre fuori…

Inizia per Nate Foster una lunga sessione di letture per entrare nella parte del nazista, separatista, razzista, cospirazionista e vari altri -ista. Si parte con una carrellata di libri che non poteva non iniziare con il libro più citato da chi lo teme: “La mia battaglia” (Mein Kampf, 1925) di un certo Adolf Hitler (Bompiani 1934).

In realtà sarebbe una frase da NON sottolineare…

Il nostro Nate evidenzia alcune frasi, come questa tratta dal capitolo XI, “Nazione e razza”:

«Il più forte deve dominare e non mescolarsi con il più debole».

Sembra strano, ma nelle edizioni italiane del libro non ho trovato né questa frase né alcun’altra presente nell’edizione inglese: che gli anglofoni abbiano del testo aggiuntivo rispetto alla versione italiana?

Ma ha comprato solo libri grossi?

La sessione di lettura continua con “The White Man’s Scripture” di Ronald Ken Smith, però altre fonti dicono che il libro è di Bernhardt “Ben” Klassen, separatista bianco fondatore della Church of the Creator.

Non a caso la copertina è bianca…

Poi tocca a “Essays of a Klansman” di Louis R. Beam jr., un “compendio dell’ideologia del Ku Klux Klan, i metodi organizzativi, la storia, le tattiche e le opinioni”, stando al sottotitolo.

Il libro più “moderno” della serie…

Infine è il turno di “Imperium” (1948) di Francis Parker Yockey, anche se originariamente si è firmato con lo pseudonimo Ulick Varange. Due anni prima Yockey, che lavorava per il Dipartimento della Guerra degli Stati Uniti, aveva partecipato al Processo di Norimberga e molti pensano che questo l’abbia fatto avvicinare ad idee di destra: di sicuro rimane un personaggio molto controverso.

Un paio di libri per letture “divertenti”…

Il piano di letture è pronto, con l’aggiunta di “All-American Monster: The Unauthorized Biography of Timothy McVeigh” (1996) di Brandon M. Stickney: può cominciare l’auto-indottrinamento!

Una tranquilla seratina di letture naziste

Non mancano però pseudobiblia: in questa parata di libri veri, qualche “libro falso” ci può anche stare.

Non ruotate la testa a leggere il titolo, tanto non esiste!

Per esempio “Which Way European Man?” di Garry John Triple, un libro che vediamo solo capovolto e per un secondo: un libro che il sito Aryan Wisdom dice essere un palese omaggio a “Which Way Western Man?” (1978) dell’attivista William Gayley Simpson.

Non a caso c’è una luce bianca…

Nel film poi abbiamo il predicatore integralista Dallas Wolf (Tracy Letts), che conduce programmi alla radio e scrive libri: un uomo di spettacolo che porta avanti qualsiasi discorso ruoti intorno al potere bianco. Lo incontriamo proprio mentre sta pubblicizzando il suo libro “Genocide: The Murder of White America“.

Insomma, Imperium non è un film che mostra i soliti teppistelli rasati a zero che fanno a botte per strada, bensì pone l’accento sulla “cultura” integralista: sul fatto cioè che il nazismo vero, quello pericoloso, non lo si trova per strada ma fra i libri.

Un nazista amante dei libri e dell’arte…

Si potrebbe sbrigare tutto dicendo che l’americano medio, che odia i nazisti dell’Illinois (per citare Blues Brothers), guarda con sospetto chi legge troppo e quindi l’accostare ideologie oltranziste ai libri sia un colpo basso. Mi piace invece pensare che il discorso sia – o tenti di essere – più sottile, e un indizio me lo fornisce l’ultima frase pronunciata dal film:

«Comincia tutto dalle parole» (It all begins with the word).

L’ideologia crea l’integralismo, e l’ideologia è solo un insieme di parole creato basandosi appunto su idee: cioè concetti astratti che trovano compimento solo nella mente di chi ci crede. Quindi, come dicevo all’inizio, la realtà – anche la più sgradevole e violenta – nasce sempre dalla finzione…

L.

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2 commenti

Pubblicato da su agosto 28, 2017 in Books in Movies, Pseudobiblia

 

2 risposte a “I libri “esplosivi” di Imperium (2016)

  1. Cassidy

    agosto 28, 2017 at 7:47 am

    Posso dire che ho apprezzato più il tuo completissimo pezzo che il film malgrado le ottime prove di Radcliffe e Toni Collette? Complimenti aggiuntivi per essere riuscito a mettere dentro il capolavoro di Joe Dante di cui nessuno parla 😉 Bisogna dire che gli americani hanno la propensione a cercare cattivi altrove, sappiamo (quasi) tutto di quello che è successo a New York l’11 Settembre ma quasi nulla di quello che è accaduto a Washington, la realtà nasce dalla finzione e viene scritta dai vincitori, o per lo meno da chi tira i fili. Cheers

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    • Lucius Etruscus

      agosto 28, 2017 at 7:51 am

      La realtà nasce dalla finzione: è una grande verità! Quello che inquieta di questo film è che ci mostra un’America ferma in pianta stabile al Medioevo culturale, che mette molto più paura di qualsiasi nemico “esterno”!

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