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Intervista a fumetti con Ivano Landi (1)

21 Ago

Marlowe vs Phantom: l’Etrusco incontra Ivano Landi! (disegno di Mario Caria)

Trovate più volte citato in questo blog Ivano Landi e il suo “Cronache del Tempo e del Sogno“, perché ho trovato con lui un’affinità di interessi ma soprattutto una grande fonte di ispirazione.
Vista la sua grande passione per i fumetti ed una competenza non indifferente, mi è venuta l’idea di farci una chiacchierata sull’argomento: il mio viaggio nell'”Archeologia da Edicola” in fondo si occupa sia di libri che di fumetti.

Ne è venuta fuori un’intervista corposa ed approfondita, che per comodità divido a puntate durante questa settimana.

Ricordo che tutte le immagini, con relative didascalie, sono fornite da Ivano stesso.

Intervista a fumetti
con Ivano Landi

Domanda di presentazione: chi è Ivano Landi? Più che dati biografici mi interessano le tue passioni: cos’è che ti fa scorrere il sangue e ti spinge a dedicare tempo e passione anche quando non potresti?

La mia attività di autore di testi in rete comincia ufficialmente tra il 1999 e il 2000, con la creazione del sito Highnoon, dedicato alla pittura realista americana e la direzione editoriale di una rivista on-line chiamata “Il monte analogo”. Nel primo caso mi occupavo di tutto: della costruzione in HTML, dei testi e della grafica; nel secondo caso il webmaster era invece un’altra persona e io mi occupavo della grafica e di parte dei testi e delle traduzioni. Entrambe queste avventure si sono concluse nel 2004 e dopo di allora mi sono preso una lunga pausa dal web.

La mia intenzione era in realtà di rimanerne fuori a vita, sennonché, alla fine del 2010, ho cominciato a desiderare di veder pubblicata almeno una parte dei miei scritti “segreti”. Lavoravo infatti da tempo, dal 1987 per l’esattezza, a una mia personale “Ricerca del tempo perduto”, una gran mole di scritti che avrei poi finito per riunire sotto il titolo complessivo di Come aria che si cambia (titolo ispirato a una poesia di Rilke). Ancora adesso, a sei anni e mezzo di distanza, sono al lavoro su questo progetto di autopubblicazione e ancora adesso non so dire esattamente quando arriverò a porvi la parola “fine”. So solo che presto o tardi accadrà.

Ma torniamo al dicembre 2010 e alla mia prima decisione di rendere pubblici i miei scritti. All’epoca lavoravo in una piccola casa editrice e mi ero ormai impadronito di quasi ogni fase del meccanismo di produzione di un libro, sebbene i miei compiti principali consistessero nell’impaginazione e nella correzione di bozze. Decisi così che avrei impaginato e messo in rete un primo estratto dei miei scritti, ma che, prima ancora, avrei dovuto crearmi, dopo più di sei anni, un nuovo sito. Il risultato fu la nascita di Terza sintassi, nome derivato dall’opera dello scrittore-sciamano Carlos Castaneda, di cui avevo esplorato in profondità, nel corso degli anni, l’insegnamento e gli scritti. Ma si trattò un’esperienza di pochi mesi, perché poi, di lì a poco, un’amica che aveva invece scelto di pubblicizzare il proprio libro d’esordio creandosi un blog, mi convinse a imitarla.

Detti così vita, sulla piattaforma di WordPress, al mio primo blog, Power Spot, un nome di nuovo ispirato a Castaneda. Produssi in tutto, nell’arco di un anno e mezzo, una ventina di post, in cui alternavo estratti dai miei scritti a brevi articoli sui rapporti tra scrittura e percezione. Poi arrivò il giorno in cui mi resi finalmente conto di un dato di fatto: i miei scritti andavano bene per mio uso e consumo ma perché divenissero degni di essere dati in pasto al pubblico avrei dovuto sottoporli a un lavoro di revisione ben più lungo di quello che avevo preventivato. In altre parole, il blog era prematuro e di conseguenza, nella mia ottica dell’epoca, del tutto inutile. Lasciai quindi libero il dominio powerspot.it (che è adesso in effetti in altre mani) e cancellai ogni cosa.

Anche la mia amica e ispiratrice aveva nel frattempo chiuso a sua volta baracca e burattini, ma io continuavo comunque a seguire qualche altro blog conosciuto strada facendo e in particolare il blog di Romina Tamerici. Potei così assistere in diretta, nell’agosto 2013, all’apertura, da parte di lei, di un nuovo blog: Il dedalo delle storie, una palestra di scrittura in cui una stessa storia avrebbe dovuto essere portata avanti a più mani, un pezzetto alla volta e senza nessuna traccia preliminare, con post della lunghezza massima di 500 parole.

Perché decisi di aderire all’invito? La risposta è senza dubbio che la mia fu una reazione al lungo lavoro di revisione in cui ero, e ancora sono, immerso: volevo dimostrare a me stesso di essere in grado di scrivere cose sufficientemente buone anche in prima battuta, oltre che essere finalmente letto da qualcuno. Era appena nata, sebbene non avevo ancora modo di saperlo, la mia blog novel Solve et Coagula, il cui successo sarebbe poi andato oltre ogni mia aspettativa, con un incremento costante di visite nel tempo e un mare di apprezzamenti. Scrissi i primi 68 post di 500 parole con vera passione e a un ritmo frenetico, a volte anche di due al giorno.

Furono poi le prime avvisaglie dell’imminente chiusura de Il dedalo delle storie (già a novembre era chiaro che l’esperimento di scrittura collettiva era fallito) a convincermi ad aprire un nuovo blog personale in cui avrei “ristampato” dall’inizio, in attesa di ospitarvi i futuri inediti, i post già apparsi da Romina. Avrei quindi dovuto chiamarlo Solve et Coagula, ma poiché non mi sentivo di escludere di utilizzarlo in futuro per altri miei scritti decisi infine di seguire l’esempio di Romina e intitolarlo semplicemente con il mio nome e cognome. Mi trovai tuttavia presto a dover rivedere, per l’ennesima volta, le mie intenzioni iniziali, perché già dopo due settimane di sole puntate di blog novel decisi di pubblicare un primo articolo di commento alla storia che inaugurò, di soppiatto, la nuova formula del mio blogging, che avrei poi meglio esplicitato con l’aggiunta, al titolo del blog, della frase “Cronache del Tempo del Sogno”.

E qui mi fermo, sperando che questa cronistoria completa della mia vita da webnauta abbia tutte le caratteristiche per rispondere in modo esauriente, sebbene in termini indiretti, alla tua domanda.

Leggendo il tuo blog mi sembra che esca fuori un messaggio forte e chiaro: il fumetto è una cosa seria. È un’arte e come tale va trattato: sia nell’amarlo che nello studiarlo. Quanto è importante il medium “fumetto” nella tua vita?

Un numero di Uncanny X-Men del lungo ciclo di storie sceneggiate da Chris Claremont.
Copertina di Paul Smith

Alla prima parte della domanda rispondo dicendo che il fumetto è una realtà espressiva con oltre un secolo di storia ormai, al pari delle altre due arti industriali sue sorelle: il cinema e la fotografia. Ed è, questo, un dato oggettivo che nessun tentativo di sminuire o di accentuare l’importanza del medium potrà mai cambiare. Detto in altri termini, se il fumetto sia o non sia un’arte è una questione del tutto oziosa dal mio punto di vista, come ozioso si è dimostrato finora qualsiasi tentativo di stabilire una divisione netta tra arte e non arte. L’ambito è, in entrambi i casi, quello delle tipiche domande sbagliate che possono ottenere solo risposte sbagliate o comunque opinabili (un altro esempio di tipica domanda sbagliata, sebbene di tutt’altro genere, è: Come è nato l’universo?).

La mia risposta alla successiva parte della tua domanda potrà invece sembrare paradossale e sotto molti aspetti lo è. Il punto è che se consideriamo solo le nuove uscite, allora si può dire che io abbia smesso di leggere fumetti da molti anni. Già negli anni ’80, come ho spiegato in un mio recente post, avevo rallentato di molto e seguivo ormai quasi esclusivamente il fumetto americano, in particolare le graphic novel e la linea Epic della Marvel, oltre a qualcosa della Dark Horse. Dei mensili, l’unico che seguivo ancora con regolarità era, sempre della Marvel, Uncanny X-Men (con in più le varie storie dell’X-Universe collegate) scritto a quel tempo dal miglior sceneggiatore seriale che la Marvel abbia mai avuto: Chris Claremont.

Fu proprio in occasione dell’abbandono, da parte di quest’ultimo, della “casa delle idee”, con il conseguente immediato brusco calo di qualità delle storie del mondo mutante, che decisi che era tempo anche per me di salutare una volta per tutte, dopo due decadi, la Marvel. Ma è una questione che va precisata meglio: l’abbandono di Claremont fu in realtà una sua reazione alla decisione della Marvel di puntare tutto su una nuova scuderia di disegnatori la cui concezione stilistica sembrava rispondere meglio ai gusti di una generazione cresciuta con i film di Schwarzenegger e Van Damme, ma che certo non collimava con la visione di Claremont. Si trattava, per capirci, degli stessi disegnatori che poco dopo, nel 1992, avrebbero dato vita alla Image Comics: Todd McFarlane, Jim Lee, Whilce Portaclo e compagnia bella.

Anche Alan Moore disse la sua, e forse la sua reazione a caldo fu la più appropriata di tutte: se la Marvel era la cocaina in forma di fumetti, commentò, allora la Image era il crack. E poco importa se proprio Moore sarebbe divenuto di lì a poco uno dei collaboratori di punta della Image, o se la stessa casa editrice avrebbe pubblicato, sempre di lì a poco, la prima stupenda serie di Astro City… Sul momento la mia repulsione fu totale e il mio rapporto con il fumetto divenne sempre più occasionale fino a spegnersi del tutto intorno all’anno 2000 (e sono almeno felice che sia avvenuto più o meno in concomitanza con la fine della mia striscia preferita di sempre, Modesty Blaise).

Con la striscia numero 10183 Modesty Blaise, l’11 aprile 2001, si congeda dai suoi lettori.
Testi di Peter O’Donnell (1930-2010) e disegni di Enrique Badia Romero.

Apparizione italiana dell’ultima striscia di Modesty Blaise,
sul bimestrale “I Giganti dell’Avventura” (Eura Editoriale) n. 58 (luglio 2006)

Il paradosso è quindi questo: il fumetto è stato un medium importantissimo nella mia vita (al punto che ho forte il sospetto che non avrei mai potuto nascere in una data diversa da quella in cui sono nato) e lo è ancora oggi, ma solamente nel senso di quella riattualizzazione – o cristallizzazione – del mio passato che è la vera ragion d’essere del mio blog e si trova espressa nella frase “Cronache del tempo del Sogno”. È per questo motivo che nel mio blog non appaiono mai citati storie o personaggi successivi al Ventesimo secolo e lo spazio maggiore è dedicato ai personaggi e alle storie che mi hanno accompagnato nel mio periodo d’oro di lettore (e collezionista) di fumetti: i due decenni 1960 e 1970.

Oggi è difficile da immaginare, ma quando ero bambino e adolescente io, il fumetto era quasi altrettanto pervasivo nella società della musica leggera. La differenza era che mentre per le canzoni bastava accendere la TV, per il fumetto, che a certi livelli era ancora tabù, bisognava vivere la strada per rendersene conto.

So che sei appassionato degli eroi pulp nati nel primo Novecento: quando ti sei accorto di amarli? E secondo te come mai quel periodo è così ricco di personaggi mitici?

Il primo romanzo di Tarzan
del ciclo integrale
della casa editrice Giunti (1971)

Questo non è del tutto vero e sinceramente neanche immaginavo di aver dato l’impressione di essere un appassionato del genere. Forse tutto nasce da quel che ho scritto in più occasioni, che sono stato, da bambino e da adolescente, un grande fan di Edgar Rice Burroughs e in particolare del personaggio di Tarzan? In effetti, dopo averlo amato a lungo nei film e nei fumetti, ho concluso la mia infanzia di lettore proprio con i romanzi con protagonista il re della giungla.

Ricordo molto bene la meraviglia che provai nel maggio 1971, quando la casa editrice Giunti mi fece la bella sorpresa di farmi trovare in edicola Tarzan delle scimmie, il primo degli oltre venti romanzi del ciclo originale di Burroughs. Era un’edizione formato tascabile, con le copertine abbellite da splendidi disegni ritagliati dalle vecchie tavole domenicali di Burne Hogarth, e non mancai di farla subito mia nonostante il prezzo elevato: 850 lire. Per dare un’idea, un Oscar Mondadori costava allora 600 lire, e le 250 lire di differenza bastavano e avanzavano per l’acquisto di un albo dei supereroi Marvel Corno o degli eroi Bonelli. La prefazione di quel primo volume era di Dino Buzzati e apparve pubblicata anche nei successivi quattro volumi della serie, forse tutti quelli che il noto scrittore italiano fece in tempo a leggere prima della sua morte, avvenuta all’inizio del 1972.

Altri personaggi pulp nati nella prima metà del Novecento non ricordo però di averne letti. Potrei al limite citare Conan il barbaro, eroe a cui mi appassionai da adolescente, ma solo nella versione a fumetti. Mi è poi accaduto, da adulto, di provarmi a leggere direttamente le storie scritte da Robert E. Howard, ma ammetto di averle trovate poco interessanti.

Una vignetta da Red Nails,
ultima storia di Conan the Barbarian disegnata da Barry Smith

E invece degli storici eroi a fumetti che ne pensi? Mandrake, Phantom, Gordon e gli altri “classici”.

L’Uomo Mascherato in una tempera di Mario Caria (1934-2001), copertinista di punta delle collane a fumetti della casa editrice Fratelli Spada tra il 1963 e il 1980

Penso che abbiano fatto la differenza. Voglio dire: all’epoca di cui parlavo prima, il 95% dei giovani e giovanissimi che conoscevo o frequentavo leggevano ogni fumetto che capitasse loro a tiro (quel 5% mancante era forse rappresentato da qualche ragazza che leggeva solo Topolino). Ed esistevano grosso modo tre categorie diverse in cui si potevano suddividere i fumetti più letti: le storie con disegni non realistici del genere di Topolino, Braccio di Ferro, Tiramolla ecc.; il fumetto realistico per ragazzi del genere dei supereroi o degli eroi Bonelli; il cosiddetto fumetto per adulti: Lando, Jacula, Maghella, ecc. (In teoria sarebbero dovuti rientrare in questa terza categoria anche Diabolik e gli altri fumetti neri, ma all’atto pratico non era così). Ebbene, di tutti questi lettori di allora non ne conoscevo quasi uno che fosse interessato ai personaggi classici del fumetto, della cui esistenza erano a conoscenza visto che a quei tempi gli albi con le loro storie uscivano ancora in edicola ma che ai loro occhi avevano un’aria muffita.

Io li vedevo invece già allora come qualcosa di vagamente artistico, che si collocava un gradino al di sopra del fumetto “normale”. Perché io, a differenza dei miei amici, disponessi di questa diversa percezione, non saperi dirlo, ma le cose stavano così e non altrimenti. L’altra eccezione, nella mia compagnia “ufficiale” di amici, era rappresentata da un ragazzo di nome Alessio, che pur ignorando completamente gli altri classici leggeva comunque L’uomo Mascherato (Phantom). L’ho perso di vista da molti anni e non ho nessuna idea di quale sia stato il suo destino di lettore di fumetti, ma so per certo che tutte le persone della mia età che frequento oggi e che hanno mantenuto negli anni un interesse per il fumetto analogo al mio hanno avuto, proprio come me, un trascorso di lettori di classici da edicola, prima di approdare al fumetto amatoriale (che comprende sia le ristampe anastatiche di vecchi albi sia le nuove riproposizioni, più accurate dal punto di vista filologico, delle medesime storie) e al collezionismo.

(continua)

L.

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30 commenti

Pubblicato da su agosto 21, 2017 in Archeo Edicola, Interviste

 

30 risposte a “Intervista a fumetti con Ivano Landi (1)

  1. Ivano Landi

    agosto 21, 2017 at 7:13 am

    Un immenso grazie per questo generoso spazio, Lucio. E grazie alla tua aggiunta a sorpresa, grazie alla quale ho anche potuto constatare che nella versione italiana della vignetta finale di Modesty Blaise “Ci prenderemo una piccola vacanza, Willie caro.” diventa: “Sarà bello agire insieme, Willie” senza alcun rapporto con la parte precedente di testo. Scelte editoriali davvero discutibili.

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    • Lucius Etruscus

      agosto 21, 2017 at 7:46 am

      E ovviamente quella che è l’ultima storia, il commovente addio del personaggio, è posta ad inizio volume! Così sembra solo una storia come le altre…
      Se non lo avessi letto nella tua didascalia, non avrei mai detto che era l’ultima striscia di Modesty.

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  2. Cassidy

    agosto 21, 2017 at 9:37 am

    Potreste continuare a dialogare tipo per altri tre giorni? Mi metto qui con i pop corn e mi godo quello che viene fuori, giuro che non faccio nemmeno rumore masticando. Scherzi a parte bellissima iniziativa Lucius, Ivano ha dei gusti fumettistici che condivido quindi sarà un piacere leggere anche il resto, vado a far saltare altri pop corn. Cheers

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    • Lucius Etruscus

      agosto 21, 2017 at 9:41 am

      Sappi allora che la chiacchierata andrà avanti per ben 5 giorni, altro che 3! ^_^
      Da qui a venerdì prossimo ne leggerai delle bellle…

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  3. Ariano Geta

    agosto 21, 2017 at 9:55 am

    Accidenti ragazzi, qua c’è solo da restare a bocca aperta.

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  4. theobsidianmirror

    agosto 21, 2017 at 7:39 PM

    Grazie ad entrambi, ragazzi, per questo fantastico dono! Attendo entusiasticamente la seconda parte e le successive… sembra quasi di tuffarsi in un passato che, ahimè, non ho vissuto.
    Sulla questione del perché “Phantom” e gli altri non venivano graditi (perlomeno ai miei tempi) posso solo dire che, per quanto mi riguarda, parevano “ingenui e sorpassati”. Ho detto “parevano” proprio perché era una sensazione tutto sommato infondata, avendone al massimo sfogliato uno o due albi (senza mai leggere un solo rigo). In pratica d fronte ad eroi o antieroi come Zagor, Diabolik o l’Uomo Ragno, avevo l’impressione che appartenessero ad un’altra epoca, che fossero personaggi che avrebbero tuttalpiù potuto affascinare mia madre e mio padre. Ma in fondo eravamo ragazzini.. tutto quello che volevamo era sognare… e il nostro sogno era quello di poter emulare quei variopinti personaggi che leggevano tutti…
    La realtà è che nessuno di noi aveva notato che il bistrattato Mandrake assomigliava stranamente al marvelliano dottor Strange… e che il bonelliano Akim non era altro che un tarzanide….

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    • Lucius Etruscus

      agosto 21, 2017 at 7:43 PM

      Sono sicuro che nei prossimi giorni l’intervista saprà darti belle sorprese, e condivido quanto hai scritto: io stesso bollai Phantom come “roba d’altri tempi” senza leggerlo, poi un giorno per puro caso ho letto una delle recenti avventure e mi ha intrigato, spingendomi a conoscerlo meglio partendo dalle primissime storie. Ovvio che è figlio d’altre mode e altri costumi, ma è stata una lettura molto divertente.

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    • Lucius Etruscus

      agosto 21, 2017 at 7:51 PM

      P.S.
      Sarebbe da fare una bella ricerchina sugli eroi Marvel che nascevano come scopiazzature di eroi preesistenti, tipo appunto l’esempio di Mandrake che hai fatto. E anche DC, visto che ho recentemente scoperto come gran parte del soggetto di Superman provenga in realtà da un altro supereroe concorrente (di cui ora mi sfugge il nome).
      In fondo Marvel & Co. non facevano che prendere eroi del momento e trasformarli: maghi, giustizieri, Bruce Lee… quello che tira, diventa fumetto, poi vediamo se dura…
      Lo si faceva anche da noi, quando negli anni Sessanta i criminali a fumetti erano tutti “in tutina”, poi solo uno è sopravvissuto…

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      • theobsidianmirror

        agosto 21, 2017 at 8:00 PM

        Sul clone di Superman la mia memoria mi riporta il nome di Nembo Kid… ma non sono sicuro. Non ho mai capito in realtà se si trattava di due personaggi distinti o dello stesso personaggio che ad un certo punto aveva cambiato nome…

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      • Lucius Etruscus

        agosto 21, 2017 at 8:04 PM

        Nembo Kid era il nome italiano di Superman: con titanica fatica c’erano dei vignettisti nostrani che cancellavano la S dal petto dell’eroe e inventarono l’assurdo nome. Il gioco andò avanti a lungo e non so come mai la Mondadori si decise a sdoganare Superman, visto che poi arrivò la testata parallela Batman che non conobbe l’onta di un nome italiano…
        Non so se questa strana rinominazione sia dovuta ad echi del “Man and Superman” nietzschiano, troppo ancora legato a memorie estremistiche di metà Novecento.
        Leggevo di questo Atom Man, o qualcosa del genere, che dal suo pianeta Natale ogni tanto arrivava gente sopravvissuta all’ecatombe, e guarda caso subito dall’altra parte arrivavano Supergirl, Superboy, Superdog e via dicendo: i due eroi si sono inseguiti a lungo, prima che la DC riuscisse ad asfaltare la concorrente.

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      • theobsidianmirror

        agosto 21, 2017 at 8:03 PM

        PS.. e in fondo in fondo anche Zagor è un tarzanide…. Ora che mi viene in mente da qualche parte a casa di mia mamma dovrei anche avere un vecchio “manuale del fumetto” dove di tarzanidi ne venivano citati a decine…

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      • Lucius Etruscus

        agosto 21, 2017 at 8:05 PM

        Io ho recuperato tutti i primi numeri di Akim perché nelle prima pagine Oreste Del Buono (mi pare) ha stilato uno splendido elenco ragionato di tarzanidi e Jungle Girl, utilissimo per quando dovrò affrontare le quote rosa della giungla 😉

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      • theobsidianmirror

        agosto 21, 2017 at 8:09 PM

        … superman, supergirl, superboy…. tutto ciò mi ricorda si un nemico di Zagor che si chiamava Supermike! Ahaha! Hai ragione… si potrebbe fare una bella ricerchina!

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      • Lucius Etruscus

        agosto 21, 2017 at 8:11 PM

        Che anni “super” che erano 😀

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    • Ivano Landi

      agosto 23, 2017 at 10:15 am

      Urka, Lucius, come ci organizziamo con le quote rosa della giungla? Dividiamo 50-50 o ci sovrapponiamo tranquillamente? Io intanto mi son preso Meriem 😀

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      • Lucius Etruscus

        agosto 23, 2017 at 10:19 am

        Per i film nel Zinefilo, cerco di finire gli anni ’50 questo agosto e vorrei iniziare il mitico ’68 con settembre, perché c’è tanta roba buona e tante cosce all’aria 😀
        Per i fumetti sto ancora raccogliendo materiale, trovandone a palate, prima di cercar di capire come gestirlo…

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    • Ivano Landi

      agosto 23, 2017 at 10:38 am

      Io comunque non intendo fare una panoramica completa. La mia intenzione, una volta terminata la miniserie su Meriem, è di parlare soltanto delle altre mie cinque o sei preferite 😀

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      • Lucius Etruscus

        agosto 23, 2017 at 10:52 am

        Mi piacerebbe fare una panoramica dettagliata, ma per ora mi limito a fare come per gli altri miei speciali: vado avanti un pezzo alla volta e vediamo dove si arriva 😛

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  5. mikimoz

    agosto 22, 2017 at 6:05 am

    Grandissima prima parte, letta già ieri sera ma riesco a commentarla solo oggi.
    Aspetto le altre.
    Ivano è sempre stata una persona di cultura, non poteva non parlare di fumetti in questo senso.
    Certo, almeno da queste prime domande si evince che siamo di un’epoca diversa, ma mi sono immerso nelle sue grandi risposte.
    Bravo Lucio per le domande.

    Moz-

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  6. redbavon

    agosto 22, 2017 at 8:33 PM

    I miei complimenti a entrambi! Intervista…avvincente. Ho divorato tutto arrivando alla fine con l’espressione beota:”embe’? Già finito? E che mi lasciate in sospeso come le storie di Tex, Zagor e compagnia b(on)ell(ian)a!”
    Ho amato Tarzan, ho conservato un albo vecchissimo, il disegno è stupendo, adulto, considerando che avrò avuto 7-8 anni. Le pagine trasudavano avventura e mistero con una spruzzata di atavica paura, che da bimbo non individuavo precisamente ma percepivo.
    Akim lo seguivo con continuità, mi avete fatto venire voglia di andare a trovare le scatole di cartone in cui li conservo’ con cura buonanima del mio papà!
    Ora mi butto a capofitto sulla seconda parte! Bravi bravi!

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    • Lucius Etruscus

      agosto 23, 2017 at 4:40 am

      Ah, ora hai il dovere morale di andare a spulciare in quelle scatole di cartone e dirci il loro contenuto ^_^
      Tienti forte che Ivano ha ancora molte frecce da scoccare, da qui a venerdì 😉

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      • redbavon

        agosto 23, 2017 at 7:18 am

        Temo la riapertura di quelle scatole, non avrei più il coraggio di tenerle al buio, chiusi lì dentro 😉
        Ma ci provo alla prima occasione…

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