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 Spunti per una storia della narrativa spy in Italia

12 Apr

Tempo fa mi ha scritto una studentessa e mi ha chiesto aiuto riguardo all’intrigante tema scelto per la tesi di laurea: la narrativa di spionaggio in Italia. Di chiacchiere sull’argomento se ne possono trovare, in giro, ma dati precisi scarseggiano: visto che negli Archivi di Uruk presento valanghe di questi dati, mi chiese se potessi darle una mano ad avere un quadro più preciso della situazione.
La cosa ovviamente mi ha lusingato, mi ha intrigato e mi ha infiammato. Sono partito in quarta a dare fondo a tutto l’arsenale di informazioni che ho raccolto in anni di appunti; ho scansionato articoli e appendici per mandarle PDF pieni di informazioni; ho pescato chicche da paura che probabilmente ho solo io in Italia e alla fine ho stilato un abbozzo su cui poter iniziare a lavorare.

Il lavoro mi è piaciuto di per sé, quindi poco importa se poi la studentessa è sparita e non ho più avuto sue notizie – com’era facilmente immaginabile.
Siccome sono un “condivisore”, nel discorso sulla Archeologia da Edicola mi piace riutilizzare quell’abbozzo per eventuali futuri studenti o curiosi dell’argomento.

Spunti per una storia
della narrativa spy in Italia

Lo spionaggio esiste da quando esiste l’umanità, ma per un qualche curioso motivo da personaggi melliflui e sgradevoli che sono stati per millenni, d’un tratto nel Novecento nasce un morboso interesse per le spie: che c’entri qualcosa il fascino perverso per i “cattivi” che gli europei hanno sviluppato da Rocambole in poi?

La terribile grandiosità delle guerre mondiali ha amplificato un processo già iniziato a fine ’800, quando l’anglo-francese William Le Queux – considerato di solito il padre della spy story – scrive romanzi di ogni genere, dal giallo al mystery, dalla fantascienza all’horror (tutto materiale raramente giunto in Italia). Tra questi romanzi uscirono fuori trame con agenti al servizio di Sua Maestà contro perfide spie. Non sono storie esotiche di cattivi cinesi e ghirigori vari, ma storie molto concrete e in tutto e per tutto simili a ciò che oggi chiamiamo spy story.

L’Europa a cavallo tra Otto e Novecento ha il terrore profondo dei russi: cosa stanno facendo laggiù? Sono vere le voci che stanno organizzando una rivoluzione di lavoratori? Non importa cosa realmente avvenga in terra russa: le capitali europee sono piene di spie bolsceviche che rubano informazioni e raccolgono fondi per una rivoluzione che farà tremare l’Europa, o almeno questo è il sentire comune.
Bisognerebbe approfondire la reale entità del lavoro di queste spie, ma è facile che ci fosse del vero in questo sentire comune.

Lo spionaggio non è ancora narrativa popolare, è semplicemente un ingrediente che arricchisce le trame di scrittori prolifici come Le Queux ed Edgar Wallace. Ma cosa arriva in Italia?

*

Alberto Tedeschi nel 1929 ha rivoluzionato l’editoria del nostro Paese inventando il Giallo Mondadori (collana che all’epoca si chiama “I Libri Gialli”), libretti con la copertina gialla – il cui colore divenne in seguito identificativo del genere – con romanzi americani a tinte forti (per l’epoca).
Non so se sia mai stata approfondita l’editoria di genere durante il fascismo, ma durante le mie cacce al libro ho scovato sorprendenti romanzi italiani di questo periodo che parlano di spie, anche donne, ma certo con stile retorico. (Argomento che si potrebbe approfondire in seguito.)

Locandina da ReBaldoria

Negli anni ’30 è plausibile che case editrici storiche cerchino di contrastare il grande successo del Giallo Mondadori, così la Nerbini – una delle colonne dell’editoria italiana prima dell’epoca Mondadori – presenta nel 1930 un sorprendente romanzo di William Le Queux: “Rasputin: il favorito della Czarina: documenti segreti raccolti dal servizio di controspionaggio inglese“, prima traduzione italiana di Enrico Gianneri.
Rasputin è stato (ed è ancora) un potente personaggio dell’immaginario collettivo europeo, prima che figura storica, e la parola “controspionaggio” fa capire l’importanza agli occhi dei lettori di chi combatteva le perfide spie.

Non esiste ancora la “spy story” eppure in quello stesso 1930 – quasi a fare a gara con la Nerbini – il Giallo Mondadori (n. 6) presenta “Il castigo della spia” di Edgar Wallace, traduzione autorizzata di Carolina Agnetti.
Questi romanzi sono spacciati come romanzi di criminalità, il 5 febbraio 1929 il quotidiano “La Stampa” dedica a Wallace – che ha totalizzato cifre da record in Italia – un lungo servizio in cui lo ritrae con la casa piena di delinquenti che gli raccontano le nefandezze commesse perché diventino trame per romanzi.

Già almeno dagli anni ’10 è arrivato in Italia il “nero” francese, da Lupin a Fantomas – come sto raccontando nella rubrica “Pulp” – e sono questi i temi di cui l’editoria si nutre: storie di criminali che scandalizzano i benpensanti ma piacciono ai lettori medi. Sarebbe da approfondire, ma la narrativa spionistica ancora non è nata: è semplicemente un elemento che appare nei romanzi “gialli”.
Finita la Seconda guerra mondiale, inizia la Guerra Fredda e il mondo dell’editoria cambia profondamente. L’Europa già agli inizi del secolo era uno spynest, un “nido di spie”, ma in quel caso il sentire era comune: siamo noi europei contro i cattivi che ci circondano e ci spiano.

Nel 1945 tutto è crollato e i nemici sono dentro casa, la Germania è spaccata in due, ex nazisti sono nascosti ovunque (i fascisti non hanno mai contato nulla), gli americani sono ospiti invadenti che vogliono mettere bocca ovunque e sapere tutto, i Russi sono nel giardino di casa e via dicendo.
Serve qualcuno che metta a posto le decine di spie di nazionalità diverse che invadono gli Stati “buoni”, e ci pensa la narrativa popolare.

Il francese Jean Bruce nel 1949 crea per la neonata collana popolare “Fleuve Noir” un personaggio che cambierà per sempre la narrativa: l’agente segreto Hubert Bonisseur de La Bath, meglio noto con il nome in codice OSS 117. Il successo è esplosivo e le vendite vertiginose, tanto che alla morte di Bruce a continuare la saga ci penseranno i suoi familiari.
Nel 1950 la “Fleuve Noir” adotta l’etichetta “Espionnage” per le storie più legate al genere, e nel 1953 due autori del Belgio si nascondono dietro lo pseudonimo collettivo Paul Kenny e creano l’agente del controspionaggio Francis Coplan, protagonista di più di duecento romanzi e vari film.

Lo stesso 1953, nella sua villa giamaicana, il londinese Ian Fleming – forse informato del successo di questi agenti segreti europei – usa le proprie conoscenze al servizio di Sua Maestà per creare l’agente segreto James Bond, il celebre 007. Tra gli amici di Fleming c’era Robert Bruce Lockhart che aveva conosciuto Sidney Reilly, vera super spia che solo decenni dopo sarebbe stata conosciuta meglio: una serie TV negli anni ’80 ha reso celebre il suo nome e da poco è arrivata anche in italiano la sua autobiografia, in cui racconta lo spionaggio europeo di inizi Novecento.

Ma di tutto questo… cosa arriva in Italia?

Negli anni Cinquanta la Mondadori si allarga a dismisura su tutti i campi, e la concorrenza si fa feroce. La Garzanti cerca di accaparrarsi gli autori non ancora opzionati dalla Mondadori e nel 1955 presenta un romanzo appena uscito i patria: “Il grande Slam della morte” di Ian Fleming. La spy story è appena sbarcata in Italia.
Non esiste ancora il genere, è chiamato tutto genericamente “giallo”, e probabilmente nessuno nota 007. Però alla Mondadori non deve essere andata giù questa mossa, così nel 1958 la casa porta in Italia l’agente belga Francis Coplan con il romanzo “Azione immediata” di Paul Kenny.
Inutile nasconderselo, la vera esplosione del genere in Italia arriva solamente nel 1963 con la comparsa nei cinema (dal 17 gennaio) del primo film del Bond di Sean Connery, che dà il via ad un fiume di cloni, però qualcosa negli ultimi anni ’50 deve essere successo.

Nel 1958 arriva nei cinema italiani uno dei film con l’agente belga Francis Coplan e mentre le case milanesi litigano, il 15 dicembre 1959 la romana ERP-FBI di Aldo Crudo – una delle infinite case della Capitale che invadono le edicole con romanzetti gialli e horror scritti da italiani sotto copertura – crea alcune testate tra cui “Dossier segreti controspionaggio”, quindi qualcosa si sta muovendo nel campo della spy story.
Nel gennaio del 1960 la 32enne Laura Grimaldi – che da alcuni anni traduceva romanzi per Mondadori e Garzanti – inizia la sua avventura di curatrice con ben due testate dichiaratamente di genere, entrambe targate Ponzoni Editore ed entrambe con copertine di Carlo Jacono: “I Gialli del Canarino” e “Spionaggio”.
Quest’ultima è una collana talmente rara che è difficile studiarne l’esito: di sicuro ne sono usciti almeno quattro numeri (cioè quelli che ho io) ma ad ottobre nasce “Segretissimo” curata da Alberto Tedeschi.

La mia ipotesi è che Mondadori abbia intuito il grande potenziale di questo genere nascente ed abbia preso la testata “Spionaggio” della Grimaldi trasformandola in “Segretissimo”: dal 1965 la Grimaldi stessa appare come “condirettore responsabile” della collana. Nell’estate del ’66 Laura Grimaldi rimane da sola come “direttore responsabile” della collana fino al 1989, quando le subentra Gian Franco Orsi.

Dal 1970 la Grimaldi è affiancata da Marco Tropea in redazione, e i due porteranno in Italia il meglio di quella narrativa che in realtà gli italiani non sembrano voler leggere. “Segretissimo” presenta tesori inestimabili tutti completamente dimenticati, eroi d’azione che non hanno alcun seguito e personaggi intriganti che non interessano a nessuno.
Nel 1982 Tropea crea la collana “Flash”, il cui direttore è sempre la Grimaldi, per proporre gli action heroes che stanno spopolando in America: romanzi unici che falliscono l’obiettivo e lo stesso anno, dopo 20 numeri, la collana chiude. Tra quei personaggi che hanno fallito in edicola, c’è l’ispettore Callaghan, Remo Williams e Mack Bolan: tre eroi letterari che in patria conoscono uno successo senza precedenti (gli ultimi due con romanzi che hanno abbondantemente superato le trecento unità), con film e quant’altro: l’Italia li ignora completamente, decretandone la prematura scomparsa nella nostra lingua.
Laura Grimaldi e Marco Tropea portano il vero pulp in Italia… ma l’Italia non vuole il pulp, a meno che non sia quello posticcio di Tarantino.

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Sarebbe da studiare che tipo di contratti aveva la Mondadori con la Francia all’epoca della nascita di “Segretissimo”: moltissimi romanzi di “Urania” all’epoca venivano da oltralpe, con addirittura casi di romanzi americani comprati nella loro edizione francese. Ancora oggi vecchi romanzi di John Russell Fearn vengono citati in Italia con un titolo originale francese – quello riportato da “Urania” – malgrado l’autore fosse britannico e scrivesse in inglese: semplicemente in Italia è arrivato tramite la Francia.
Il risultato della collaborazione-contaminazione italo-francese è che tutta la prima serie di 12 numeri di “Segretissimo” è dedicata all’opera di Jean Bruce e il suo agente OSS 117. Quando arriverà nei cinema italiani James Bond, nel 1963, ormai i romanzi di Fleming sono opzionati dalla Garzanti e “Segretissimo” dovrà aspettare gli anni Novanta per proporre storie di Bond, con gli apocrifi di John Gardner.

Intanto nel 1965 l’agente Francis Coplan passa alla milanese Ripalta che adotta una campagna pubblicitaria incredibile: dice che Paul Kenny è un vero agente segreto che svela i segreti delle sue missioni nei romanzi, e manda i giro notizie di libri ritirati per mano dei servizi segreti. Il marketing spregiudicato funziona sempre, e i libretti della testata “Serie Verde Spionaggio” vanno alla grande.
La Ripalta con questa collana presenta in Italia i romanzi francesi della “Fleuve Noir” mentre la concorrente mondadoriana attinge alla “Série Noire” (Gallimard), “Espionnage” (Presses de la Cité), “Crime Club”, “Flash Espionnage” e varie altre testate francesi dichiaratamente dedicate alla spy story.

Dal 1965 “Segretissimo” porta in Italia dall’America il nuovo Nick Carter: non più il poliziotto di inizio Novecento ma l’eroe d’azione fortemente contaminato con elementi bondiani. La saga Killmaster durerà fino al 1987, ma intanto nel 1972 la romana IPC trova un modo incredibile di fare concorrenza alla Mondadori: va a ripescare negli archivi della Nerbini le vecchie storie del vero Nick Carter e le ripresenta nella collana “Il Libro Nero”… con copertine nere dal cerchio rosso centrale, esattamente come “Segretissimo”. Bisogna leggere l’interno del libro per capire che non è quel Nick Carter che va di moda all’epoca bensì il poliziotto di inizio secolo, ma ormai è troppo tardi…

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Ancora nel 1964 altre case provano a cercare un proprio spazio, come la romana Edizioni Europer di Yvonne Cocco che lancia la collana “Archivio Segreto” con l’Agente Speciale 327 di G. Benson (probabile italiano sotto copertura): si ignora se sia andata oltre il numero 1, che posseggo.

Nel 1967 la Longanesi cerca di partecipare anche lei ma rimane ben poco che non si siano già spartite le concorrenti. Lo stesso riesce a portare in libreria “Arrivano le spie“, antologia americana che si prefigge di presentare veri resoconti di vere spie: molto più probabile si tratti di semplici racconti.

Nel 1968 “Segretissimo” presenta un personaggio nato in Francia qualche anno prima: Malko Linge, Sua Altezza Serenissima. Per gli amici, SAS. Inizia un successo travolgente che dura ancora oggi: i romanzi di Gérard de Villiers sono i più venduti del genere, in assoluto. L’Italia ama violentemente SAS e le infinite ristampe sono ancora oggi lì a testimoniarlo.
SAS aggiunge un pizzico di erotismo alle trame di spionaggio, ma non è l’unico a farlo.

Nel 1970 la milanese Edizioni Inteuropa lancia la collana “Erosette” per presentare in italiano le avventure erotico-spionistiche che negli USA Michael Avallone – tra le firme eccellenti del pulp – si diverte a raccontare con lo pseudonimo Troy Conway.
Il protagonista, l’agente Rod Damon detto Coxeman – ribattezzato in Italia Slim Fack – verrà poi ripreso dalla milanese Il Momento, casa editrice che dal 1969 ha lanciato collane “colorate” per identificare i vari generi: “I Neri del Momento” è ovviamente quella dedicata allo spionaggio. Con personaggi come Lady Lust, Samantha e il citato Coxeman, la collana alterna italiani sotto copertura a veri americani per il suo curioso mix di spionaggio ed erotismo, ristampati in volumi antologici dal titolo “Supernero” con donnine svestiste in copertina. L’iniziativa attira l’attenzione, tempo dopo, di una casa specializzata in erotismo.

Nel 1981 infatti la Edifumetto di Renato Barbieri – celebre casa che dagli anni Sessanta è specializzata in fumetti erotici – si lancia anche nella narrativa: inaugura le collane “I Libri della Luce Rossa”, “I Film della Luce Rossa”, “I Gialli della Luce Rossa” e “I Neri della Luce Rossa”, le ultime tre con splendide copertine di Carlo Jacono, che continuava ancora a lavorare per Mondadori.
Malgrado la veste grafica palesemente ispirata a “Segretissimo”, la collana nera è un mix di spy story ed erotismo ed è a questo genere di contaminazioni che negli ultimi anni si è rifatto Stefano Di Marino (autore Segretissimo DOC) per la sua collana digitale “Sex Force” (ribattezzata recentemente “Dream Force”).

In contemporanea con la Edifumetto, un’altra storica casa di fumetti si lancia nel mondo della narrativa: l’Editoriale Corno. L’obiettivo è fare concorrenza al Giallo Mondadori con grafiche e contenuti simili: il 1987, quando ormai la casa si è rinnovata e si chiama Garden Editoriale, l’obiettivo è “Segretissimo”.
Diretta da Antonio Bellomi (all’epoca curatore di tutte le collane Corno) nasce “Top Secret Spionaggio”, breve collana che presenta quasi esclusivamente i romanzi tedeschi di C.H. Guenter con protagonista l’eroe spy action Mister Dynamit. Non mancano puntate nella spy story e giovani autori italiani sotto copertura.

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Dopo il guizzo degli anni Ottanta, la spy story scompare e nessuno prova più a fare concorrenza a “Segretissimo”, che rimane da sola a tentare di proporre allo schifiltoso lettore italiano le varie novità del campo spy action.
La conduzione Sergio Altieri prova a riportare in Italia eroi come Mack Bolan, l’Esecutore – più action, meno spy – ma ormai l’unico autore straniero di successo è Gérard de Villiers. Invece nel 1995 inizia la fortunata carriera di Stephen Gunn, pseudonimo del milanese Stefano Di Marino che sdogana l’Italian Legion: i romanzi firmati da italiani sotto copertura a sorpresa diventano i numeri più apprezzati della collana. Dal 2015 sono quasi gli unici autori ancora pubblicati dalla collana.

In anni recenti si è tentata anche la strada del dark thriller, romanzi d’azione e spionaggio con però forti componenti fantastiche, con risultati fallimentari oltre ogni immaginazione. Il lettore italiano vuole solo SAS e tutto ciò che sia diverso anche solo di una virgola è vittima di insulti e critiche aspre nei vari social forum.

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Dal luglio 2015 la collana “Segretissimo” vede ridursi la sua uscita ad un numero ogni due mesi: un’umiliazione mai subita nei 55 anni di onorata carriera. Chissà cosa penserebbe Laura Grimaldi, che per anni ha gestito la posta della collana firmandosi Lady Spia…

L.

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12 commenti

Pubblicato da su aprile 12, 2017 in Archeo Edicola

 

12 risposte a “ Spunti per una storia della narrativa spy in Italia

  1. Ivano Landi

    aprile 13, 2017 at 9:42 am

    Grande post! Non ho mai davvero seguito il genere, ma il caso, o chi ne fa le veci, mi ha portato ad affezionarmi ad almeno un paio di personaggi. La passione per Modesty Blaise striscia mi ha fatto ricercare in seguito anche le poche traduzioni italiane esistenti dei romanzi di O’Donnell (anche se in realtà mi manca ancora uno dei due Oscar Mondadori) e il fatto che una mia zia comprasse “I neri del momento” mi ha fatto conoscere Lady Lust, alle cui avventure mi ero appassionato.
    A quel che ho capito, la Garzanti si è tenuta a lungo ben stretta lo 007 di Fleming, che adesso è pubblicato da Adelphi. Invece ha ceduto Modesty Blaise, che evidentemente non ha goduto di abbastanza popolarità, a Mondadori dopo soli due romanzi.
    Curiosa la spregiudicatezza della IPC che ripesca il vecchio Nick Carter della Nerbini per attingere senza vergogna al bacino di lettori del nuovo Nick Carter targato Mondadori. Mi ricorda un po’ quel che fece l’editrice Sole nei primi anni settanta, quando utilizzò pari pari la testata del vecchio “Avventuroso” Nerbini sul suo nuovo “Avventuroso” senza prima contattare i detentori dei diritti (così seppi dalla viva voce di Alfonso Pichierri, allora editore della rinata Nerbini e legittimo proprietario del marchio “Avventuroso”).

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    • Lucius Etruscus

      aprile 13, 2017 at 10:40 am

      Modesty ce l’ho ancora lì da parte, in attesa di uno specialone degno del suo nome. 😉
      Gli eroi d’azione/spy non piacciono agli italiani: li hanno “seccati” tutti, dal primo all’ultimo. L’unica eccezione è SAS, che scatena la bramosia di milioni di lettori. James Bond invece è solo un eroe da cinema, ma nei film vecchi e soprattutto solo a chiacchiere. I suoi libri te li tirano in faccia perché non li vuole nessuno: a parte rarissimi collezionisti, dei libri di Bon non frega nulla a nessuno. Per questo rimane immotivata la scelta di Adelphi addirittura di RITRADURLI! Forse contava sui fan che si sarebbero comprati un libro in fondo diverso da quelli già usciti, ma temo abbiano sbagliato di grosso.
      Mentre il giallo campa SOLO con protagonisti forti e ricorrenti, lo spy-action – che avrebbe più diritto ad un protagonista forte – ha proposto in Italia solo personaggi bocciati: il crollo di Segretissimo, ultimo scoglio dello spy in Italia, segna la concreta fine del genere nel nostro Paese. Per questo lo si può cominciare a studiare: ora che è morto, l’autopsia darà frutti migliori!

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    • Lucius Etruscus

      aprile 13, 2017 at 10:43 am

      Sulla questione dei diritti c’è da stendere un velo pietoso: non li paga nessuno ma neanche li chiedono! Come raccontò quell’agente letterario che ho intervistato tempo fa, ha smesso di portare roba in Italia perché non pagavano mai i diritti! E ancora oggi il materiale da lui citato è venduto in aperta illegalità: l’unico vero made in Italy nel mondo…

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  2. clementina daniela sanguanini

    aprile 15, 2017 at 9:01 PM

    Avevo iniziato la lettura di questo articolo non senza un certo interesse – ho sempre avuto uno spiccato interesse per il thriller, ma non sapevo quasi nulla di spy Action -, ma mai mi sarei aspettata un’esplorazione tanto intensa, sorprendente e dettagliata che mi ha tenuta incollata dall’inizio alla fine per la curiosità! Chapeau!

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    • Lucius Etruscus

      aprile 15, 2017 at 9:44 PM

      Contentissimo ti abbia intrigato il testo. La “vita editoriale” di questo genere in Italia non è stata molto studiata perché è difficile recuperare le varie testate così da poter confrontare date e “unire i puntini”. Ed è un peccato perché come hai visto la vita editoriale italiana è stata più che vispa, prima di entrare in un triste periodo di forte aridità…

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  3. Fabio Novel

    aprile 22, 2017 at 9:21 PM

    Ottima disamina, Lucius!

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  4. Andrea C.

    aprile 4, 2018 at 1:35 PM

    Articolo interessante, che, tuttavia, lascia l’amaro in bocca. Che spazi ha la letteratura spionistica in Italia? E che cosa mai leggeranno i nostri connazionali?

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    • Lucius Etruscus

      aprile 4, 2018 at 2:01 PM

      Ti ringrazio e purtroppo i segnali non sono gran che buoni, e purtroppo sembrano esserci due risposte alle tue domande: nessuno spazio, e… i nostri connazionali leggeranno?
      Spero siano due risposte sbagliate, ma da molto tempo non si vede alcun interesse verso un tipo di narrativa che, bene o male, al cinema invece qualcosa invece si nota. E il numero dei lettori è ormai sceso sotto il livello di percezione…

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