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[Scrivere di menare] The Fighter (2007)

13 Set

fighterRubo l’idea al sito AltroEvo di Mala Spina – se non siete suoi lettori, sbrigatevi a diventarlo! – per un’iniziativa che trovo intrigante: capire come rendere a parole un atto prettamente visivo come un combattimento tra due personaggi.
Mala Spina è più interessata alla narrativa fantasy, io invece preferisco focalizzarmi sul combattimento corpo a corpo che può essere tanto boxe quanto arti marziali, ma anche una rissa da strada. Ciò che conta è l’abilità del romanziere di descrivere uno scontro fisico rendendolo comprensibile (e godibile) per il lettore.

Inizio dunque con degli estratti “di menare” dal romanzo “The Fighter: Nato per combattere” (Irish Thunder. The Hard Life and Times of Micky Ward, 2007) di Bob Halloran – BUR Extra (marzo 2011), traduzione di Elena Cantoni, Chiara Gabutti, Irene Anno e Paola Vitale.
Il testo che segue è preso dall’anteprima GoogleBooks del romanzo, che trovate anche in versione Kindle.

Il pugno partì dritto come un fuso e colpì Micky in piena faccia. Era un destro potente che lo fece arretrare e quasi cadere. Ward barcollò, ma non sembrava indebolito. Piuttosto pareva arrabbiato, risentito con se stesso per averne lasciato passare uno. Mentre si snebbiava le idee si prese una raffica al petto, ma non appena si riprese rispose all’attacco con furia. Un gancio sinistro trovò il suo bersaglio sull’orecchio di Green, poi un destro potente lo fece girare, e perse l’equilibrio. Recuperò in fretta, ma aveva chiaramente giocato al gioco di Ward. Green lo stilista stava picchiando duro.

«Tu stai diventando più forte! Lui più debole!» gridò Dickie sopra il clamore della folla, mentre il fratello sedeva all’angolo dopo il secondo round. «So che ha cuore, Mick, ma tu scordatelo! Su le mani. Tre o quattro pugni. Respiri profondi. È un buon pugile, Mick. Ma tu scordatelo! Tu sei migliore. Tre o quattro. Mick, Mick, Mick, gli stai andando dietro, Mick. Lascialo andare. Taglia fuori il ring. Sii paziente. Taglia fuori il ring! Tre o quattro. Mick, gli stai facendo male. Tutti i colpi che piazzi gli stanno facendo male. Respiri profondi.»

Mick riguadagnò velocemente il centro del ring, con i guantoni attaccati alla fronte per proteggersi la faccia mentre si portava all’interno della guardia dell’avversario. Green gli sferrò un colpo mentre si avvicinava, ma Micky era pronto a darne due per ognuno che riceveva o a prenderne due per ognuno che dava: l’importante era portarsi abbastanza vicino a Green da mollargli «quello grosso». All’ultimo minuto del round, sferrò un doppio gancio sinistro: il secondo colpì duramente Reggie a lato della faccia.

«Credo che questo incontro si articoli piuttosto semplicemente in una serie di modalità strategiche» disse Teddy Atlas durante “Friday Night Fights” sulla ESPN. «Ward vuole entrare, e deve stare attento a non farsi intercettare mentre ci prova. Quando è all’interno della guardia, vuole lavorare il corpo e usare gli uppercut e credo possa trovare le occasioni, beccando Green quando si discosta.»

Ward stava vincendo il round ancora a venti secondi dalla fine. Fu allora che i due pugili si alzarono contemporaneamente dalla guardia bassa e colpirono duramente di sinistro. Il pugno di Green arrivò a segno, quello di Micky no. Quello di Micky no, perché, nell’istante in cui avrebbe raggiunto l’obiettivo, lui stava già crollando contro le corde.

«Un gancio sinistro d’incontro ferisce Ward!» esclamò il telecronista Bob Papa. «Ward è ancora stordito. Incassa un uppercut. Non in tutti i round arriva la campana a salvare il pugile.»

«Dovrebbe restare fermo» osservò Atlas. «È evidente che le gambe non lo reggono.»

Non fosse stato per le corde, Micky si sarebbe ritrovato in prima fila. Chissà come riuscì a rimanere in posizione eretta. Green gli fu addosso in un istante, mentre Micky si preoccupava di sopravvivere. Restavano solo quindici secondi alla fine del round. Poteva reggere? Micky si rimise in piedi, fece incespicando il giro del ring. Fortunatamente la sua goffaggine serviva a proteggerlo. La campana, misericordiosamente, suonò.

[…]

Mark Wahlberg in The Fighter © 2010 Paramount Pictures

Mark Wahlberg in The Fighter © 2010 Paramount Pictures

Mentre la campanella suonava, dando inizio alla quarta ripresa, Micky fece un passo verso il centro del ring: aveva ritrovato un notevole slancio. Si avvicinò a Green con rapidità e lo schivò lateralmente. Si muoveva bene e rimaneva a distanza. Green pareva sbigottito dalla resistenza dell’avversario, che evidentemente lo preoccupava. Reagì con cautela, tirando qualche jab e permettendo a Micky di rimanergli lontano. Passò un minuto e nessuno dei due pugili aveva piazzato colpi significativi: un tempo sufficiente perché Micky si rimettesse del tutto.

«Credo che Green stia commettendo un errore» suggerì Atlas. «Non so quanto durerà l’incontro, ovviamente, ma al momento sta consentendo a Micky di riposarsi un po’… Sa che Micky è un veterano, che ha già avuto le sue ferite, e sta usando troppa cautela, qui… A Ward non importa di perdere questo round, ha solo bisogno di arrivare alla fine per riprendersi.

Gavin tornò al lavoro non appena Micky rientrò all’angolo. Il buco nel labbro non era stato colpito e il sanguinamento era sotto controllo. Soprattutto grazie alle capacità del cutman, Ward poteva continuare a combattere: che fosse una cosa buona o sconsiderata era ancora da stabilire.

Micky perse la ripresa, poi anche la quinta e la sesta. Non era più ferito, ma decisamente perdente, e continuava a incassare. Green infieriva su di lui così duramente che riusciva di fatto a farlo indietreggiare a forza di pugni. Ward si piegava indietro, ma si comportò bene soprattutto quando arretrò e poi si spostò di lato, liberando un po’ di spazio in cui sferrare alcuni colpi robusti. Durante l’ultimo minuto del sesto round assestò a Green un gancio sinistro al mento. La forza bruta del colpo fece perdere l’equilibrio all’avversario, che però non parve aver subito alcun danno, e in quella fase Micky non rincarò la dose.

«Dai, Mick! Testa, corpo!» gridava Dickie dall’angolo.

[…]

Mark Wahlberg and Christian Bale in The Fighter © 2010 Paramount Pictures

Mark Wahlberg and Christian Bale in The Fighter © 2010 Paramount Pictures

A metà del settimo round Micky era logorato e commise un errore. Superò la guardia del suo rivale, ma una volta sotto non aveva più energie da spendere. Si prese un istante di pausa a distanza ravvicinata, e Gatti gliela fece pagare, facendolo barcollare con un gancio sinistro lancinante.

«Gatti è in grado di seguire con una combinazione?» si domandò ad alta voce Lampley.

«Non avrei mai creduto di assistere a un incontro emozionante quando il primo» disse Deward, e aggiunse: «In termini di colpi tirati, questo che stiamo vedendo gli sta alla pari, se non l’ha addirittura superato.»

Il round somigliava al nono del primo incontro. Pugni che andavano perfettamente a bersaglio. Entrambi i contendenti che si spendevano anima e corpo. Entrambi spossati, ma ancora determinati. Uno spettacolo brutale, e magnifico.

«Nella boxe non si vedeva niente di simile dai tempi di Bowe-Holyfield, un decennio fa» disse Merchant, riferendosi ai tre incontri tra i pesi massimi Riddick Boe ed Evander Holyfield nel 1992, 1993 e 1995.

«Questo è meglio» replicò Deward, ammirato. «Questo è meglio, questi dieci round sono più ricchi di azione rispetto a un match da quindici.»

Micky continuava a muoversi in avanti, o a barcollare in avanti, per la precisione, mentre Gatti arretrava, aspettando che gli arrivasse a tiro. Fu un altro round molto dinamico, e Gatti stava vincendo grazie a decine di colpi durissimi. A Micky non restava replica.

«Ward sembra quasi pronto a gettare la spugna» disse Merchant, a trentacinque secondi dalla fine del round.

Al suono della campana, Steward saltò in piedi ad applaudire con gli altri quindicimila testimoni. Gatti aveva tirato 176 colpi in quel round, più di quanti ne avesse mai accumulati in un unico round in tutta la sua carriera, e ne aveva mandati a segno 61. Micky li aveva incassati tutti, e tornò al suo angolo ridotto a una maschera di sangue. Ma il vero problema era il grave disturbo alla vista.

«Non ci vedo» disse a suo fratello.

«Che significa che non ci vedi?»

«Significa che ho gli occhi fottuti. È tutto sfocato. Sul ring ci vedo triplo.»

«Allora colpisci il tizio al centro» replicò Dicky senza lasciarsi commuovere.

[…]

Mark Wahlberg and Christian Bale in The Fighter © 2010 Paramount Pictures

Mark Wahlberg and Christian Bale in The Fighter © 2010 Paramount Pictures

Era evidente che Gatti si era allenato al massimo per quell’incontro. Correva sedici chilometri tutti i giorni, e la sua resistenza risultò lampante quando all’ottava ripresa uscì dall’angolo saltellando. Micky riuscì ad assestare un paio di destri potenti, ma Gatti continuò a saltellare e a muoversi, cercando una diversa angolatura da cui tirare. L’azione del settimo round proseguiva anche nell’ottavo. Lampley ammise di detestare la parola «incredibile» nella descrizione di un evento sportivo, ma aggiunse: «Questo incontro è incredibile».

«Non sembrano nemmeno umani» concordò Deward.

«È proprio perché lo sono, che questa epopea è tanto avvincente» intervenne Merchant. «Ma dimostrano una sopportazione decisamente fuori dal normale. Persino gli altri pugili restano incantati dalla durezza e dalla resistenza di questi due combattenti, qualità rare quanto una grande capacità pugilistica.»

Ancora una volta, nell’angolo di Micky regnava il silenzio. Nel minuto di pausa si occuparono dei suoi tagli. Poi, quando venne il momento di alzarsi dallo sgabello, Micky sentì qualcuno dire: «Chiudi la guardia». Non poteva sapere con certezza se l’avesse detto Dickie o Gavin. Aveva la mente confusa, la vista gli dava problemi ormai da due round, non riusciva a distinguere cosa stesse succedendo. Guardò sul lato opposto del ring, e di nuovo vide Gatti triplo, e si chiese come avrebbe potuto sconfiggerli tutti e tre. Era sfinito. Gli restavano due round per chiudere la carriera. Avrebbe continuato a combattere fino alla fine. “Ma cos’hanno i miei occhi che non va?” si domandò.

Il nono round sembrò più veloce degli altri, per Micky. Un vortice indistinto. Un round che non ricorda con la stessa chiarezza dei molti che aveva combattuto, e che tuttavia fu molto simile agli altri nei quali aveva affrontato Gatti. Il suo avversario si aggiudicò il vantaggio per colpi tirati e mandati a segno, mentre Micky avanzava in costante posizione di attacco. Si affidò all’istinto e all’esperienza per arrivare alla fine della ripresa.

«Per tre round ho boxato vedendo triplo» spiegò in seguito. «Vedevo quattro o cinque Arturo sul ring. Un’esperienza surreale. Era tutto a gambe all’aria. Tre Arturo, uno sopra l’altro. Una cosa stranissima. Nell’angolo ho detto a Dickie: “Non ci vedo”. E lui: “Cosa vuoi che faccia?”. Gli ho risposto: “Non voglio smettere”.»

Gatti aveva la destra fratturata, e continuò a combattere. Micky ci vedeva doppio e triplo, e continuò a combattere. Non c’era in gioco un campionato. Sarebbero stati pagati comunque, sia che l’incontro arrivasse alla distanza dei dieci, sia che venisse interrotto, eppure continuarono a combattere. E non facevano finta. Combattevano duro, decisi a un finale glorioso, a una gloria imperitura.

«Non mi è mai nemmeno passato per la mente di abbandonare dall’angolo» disse Micky. «Malgrado all’incontro con Green mi avessero già avvertito che rischiavo la vista, e malgrado questa volta fosse offuscata. Non pensai mai di non affrontare gli ultimi tre round. Mi dissi: “Che diavolo, ne ho combattuti trecento, posso farcela per altri tre”.»

Ora gliene restava solo uno. Tre minuti, in una vita pugilistica durata tre decenni. Dal bambino di sette anni che boxava sotto la pioggia al trentottenne eroe incontrastato della classe operaia. Micky sentì l’acqua scorrergli addosso. Aveva la testa china, e l’acqua gelida gli sgocciolava sulla faccia, finendo nel secchio ai suoi piedi. Aveva gli occhi chiusi e la mente vuota. Non riusciva a concentrarsi sull’importanza di quel momento. Era un pensiero troppo vasto, e lui era troppo stanco. L’unica riflessione che riuscì a formulare fu che doveva girarsi verso l’altro secchio, e sputare sangue.

«È l’ultimo round della tua carriera, Micky» disse Dickie. Ma che fosse l’ultimo o no, gli pareva un round come qualunque altro. Doveva andare là fuori e mettercela tutta.

Se vi vengono in mente romanzi con descrizioni di combattimenti – boxe, arti marziali o che altro – fatemi sapere.
Se volete sfogliare ancora il romanzo di Halloran, eccovi l’anteprima Google.

https://books.google.it/books?id=t-nTJ_2JUAsC&lpg=PP1&dq=%22Bob%20Halloran%22%20fighter&hl=it&pg=PP1&output=embed

L.

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2 commenti

Pubblicato da su settembre 13, 2016 in Uncategorized

 

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2 risposte a “[Scrivere di menare] The Fighter (2007)

  1. Cassidy

    settembre 13, 2016 at 8:27 am

    Mi sono appassionato alla storia di Micky “Irish” Ward dopo aver ascoltato il pezzo dei Dropkick Murphys (The Warrior’s Code). Quindi ho molto apprezzato questo tuo post, e in geenrazione l’iniziativa di Mala Spina, forse anche più del film in se 😉 Cheers

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