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L’ultimo mistero di Qumran (1999)

17 Giu

Robert Feather - L'ultimo mistero di QumranStuzzicato e intrigato da questo post del mitico Obsidian Mirror, mi sono fiondato nella sezione MMM (Manoscritti del Mar Morto) della mia biblioteca casalinga per vedere se ci fossero dei titoli per placare la sete che mi ha messo addosso il buon Obsidian: non ricordo dove o quando l’abbia preso, comunque mi sono fiondato su “L’ultimo mistero di Qumran” (The Copper Scroll Decoded, 1999) di Robert Feather (Piemme Pocket 2003, traduzione di Franca Genta Bonelli.)

Il saggio è di ampio respiro e ovviamente non parla di “misteri misteriosi”, malgrado nel 2005 sia stato inserito nella collana “I Grandi Misteri” (n. 34) della Fabbri Editori: ciò che mi piace di questa collana Piemme, stando ai titoli che mi sono capitati sotto mano, è che l’interno è molto più serio della copertina ammiccante.
Feather racconta per larghe somme il ritrovamento dei celebri manoscritti ma la sua attenzione è tutta per il Rotolo di Rame, per il quale si è recato sul posto e in generale ha condotto ricerche in due direzioni: capire se davvero è una “mappa del tesoro”, come molti credono, e capire perché una cultura che non produceva testi di rame abbia d’un tratto prodotto un testo di rame.
Feather ben presto introduce la tesi che dimostrerà per tutto il suo articolato saggio: gli Esseni non erano una comunità ebraica, assomigliavano molto di più… agli antichi egizi!

Ovviamente l’autore si è scontrato con i custodi delle varie fedi ma il bello dell’archeologia è che non chiede “di crederci” e anzi se ne frega delle fedi di chi la studia.
Feather stesso non riesce ad accettare la propria conclusione, ma l’evidenza è che lo stile di vita e la produzione degli Esseni, almeno quello che è giunto fino a noi, ha più legami con l’Egitto del 1300 a.C. che con gli ebrei del II-I secolo a.C. loro coetanei. Non solo il rotolo di rame ma anche altri aspetti della loro cultura sembrano uscire dai tempi di Akhenaton… e qui la cosa si fa “scottante”.

Una delle affascinanti grotte di Qumran

Una delle affascinanti grotte di Qumran

Ne avevo sentito parlare vagamente ma ho letto con piacere la parte approfondita sul monoteismo che Akhenaton impose in una cultura millenariamente politeistica, tanto da meritarsi l’appellativo di “faraone eretico”.
Semplificando quello che Feather ha impiegato centinaia di pagine a spiegare, l’unico dio venerato dagli Esseni era la “versione moderna” di un’idea nata mille anni prima lì vicino: non una seconda idea, ma l’aggiornamento della stessa idea.

L’uomo è politeistico, non si discute: anche la più minuscola tribù umana nella storia ha i suoi dèi, ma poi c’è stato un “incidente” ed è nata una religione monoteistica. Ebraismo, cristianesimo ed islam sono tutte collegate, ma il monoteismo di Akhenaton sembrava un’eccezione: un’idea troppo lontana nel tempo perché avesse potuto avere eco nell’ebraismo. Invece tramite gli Esseni forse ci sono più legami di quanto si pensasse.
Non è una cosa sicura, Feather stesso specifica più volte che sono solo ipotesi nate studiando i reperti che abbiamo, ma io le trovo decisamente affascinanti.

Franco Cimmino - Akenathon e NefertitiGià che c’ero, ho spulciato un altro saggio: Akhenaton e Nefertiti di Franco Cimmino.
L’autore mi ha regalato pagine splendide perché ha affrontato la storia come non fa quasi mai nessuno: non si limita a raccontare cosa sappiamo, ma spiega come lo sappiamo. Il faraone pensava questo, diceva quello, andava lì, tornava qui… Ma come le sapete tutte queste cose, se quello è morto tremila anni fa e voi l’avete scoperto da una manciata di decenni?
L’autore racconta la scoperta graduale della città Akhetaton e del suo fondatore Akhenaton, e così scopriamo che sappiamo sì e no il 10% di quanto potremmo sapere, se errori vari e furti e dabbenaggine non avessero in pratica disperso e/o distrutto tantissimo materiale che ha riposato indisturbato per millenni… Ciò che chiamiamo “Storia” è quel poco che si riesce ad evincere da brandelli di materiali sparsi, acquistati a casaccio da musei di tutto il mondo e collezionisti privati che poi si è cercato di far combaciare.
Basta che domani trovino una tavoletta con una frase in più, e tocca riscrivere tutto…

L’autore mette subito in chiaro che Akhenaton non è il “primo profeta” del monoteismo, e lo fa con un vigore tale che evidentemente era stufo di quanti hanno voluto vederlo “padre” delle grandi religioni del Libro…
La storia viene raccontata come una semplice scelta politica: il clero di Amon era troppo potente e ricco, così che ti fa Akhenaton? Li sega tutti cambiando dio, e ne fa uno solo così basta con tutti ‘sti sacerdoti!
Ho ovviamente semplificato al massimo, ma quella di Akhenaton è una scelta condivisibile che funzionerebbe anche oggi. Anzi, ha funzionato già con Enrico VIII: ‘sto papa impiccione non mi fa divorziare e la Chiesa si sta arricchendo in casa mia? E io cambio Chiesa!
Cimmino sembra scusarsi con il lettore perché accomuna Chiesa e Politica, quindi è un puro di cuore: ogni culto è politica, in ogni epoca e in ogni angolo della Terra, quindi se Akhenaton ha fondato un culto monoteistico per ragioni politiche non stupisce affatto: per cosa si crea un culto se non per gestire il potere? La vera domanda è: quest’idea è “risorta” mille anni dopo?

Splendida vista dall'alto di Qumran da KingOfWallpaper

Splendida vista dall’alto di Qumran da KingOfWallpaper

Perché oggi, mi chiedo io, tante persone si fanno tatuare simboli egizi o portano pendagli con geroglifici? Perché nel Duemila d.C. qualcuno dovrebbe utilizzare una creazione culturale appartenente al Duemila a.C.? Perché le idee non conoscono tempo, e come noi anche gli Esseni possono essere rimasti stregati dalla antica cultura egizia – sempre che non ne fossero i diretti discendenti!
Isolatisi perché magari consideravano corrotta la loro epoca – tutte le epoche sono corrotte per chi le vive – hanno guardato all’Egitto di mille anni prima e ne hanno acquisito i costumi. Compresa la fattura di un rotolo di rame – creato in modo identico agli egizi con un’arte praticamente ignota agli ebrei dell’epoca.

Merita una citazione la provocazione finale e definitiva dell’autore: prima di chiamarsi Akhenaton quel faraone si chiamava Amenophis… e ancora oggi dopo ogni preghiera si dice… amen!
Lo ripeto, è una provocazione, un gioco, ma dà l’idea di quanto il contagio memetico possa essere potente e non conosca confini: come racconto in un mio vecchio articolo, ancora oggi usiamo abbondantemente una parola inventata quasi quattromila anni fa da Zarathuštra, “solo” 500 anni più vecchio di Akhenaton. Una parola di un certo peso, cioè… Dio!

vangeliChiudo ricordando un mio ebook gratuito, liberamente scaricabile in .ePub (no Kindle, mi spiace): La Falsa Novella. Viaggio tra i Vangeli inventati dai romanzieri.
Proprio l’eco dei ritrovamenti di Qumran, a metà esatta del Novecento, ha fatto scoprire all’immaginario collettivo che poteva esserci qualche altro Vangelo oltre ai canonici, dando il via ad un gioco letterario ancora attivo.
Dal Vangelo di Giuda a quello di Maria, dal Vangelo di Gesù al Vangelo di Dio: un viaggio tematico che spero potrà intrigarvi.

L.

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6 commenti

Pubblicato da su giugno 17, 2016 in Indagini, Recensioni

 

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6 risposte a “L’ultimo mistero di Qumran (1999)

  1. Ivano Landi

    giugno 18, 2016 at 3:59 PM

    In realtà l’esistenza di molti vangeli diversi era cosa nota agli antichi cristiani. Non ricordo esattamente chi fu a scegliere i quattro (si tratta comunque di un cristiano del passato di quelli famosi) e quando, ma so che si basò sul principio “ogni elemento un vangelo”: La terra toccò a Luca (toro – corpo fisico), il fuoco a Marco (leone – cuore), l’aria a Giovanni (aquila – intelletto), l’acqua a Matteo (angelo – anima).

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    • Lucius Etruscus

      giugno 18, 2016 at 4:06 PM

      A memoria ricordo un Concilo (Nicea?) che confermò (o stabilì) il numero (4 come anche i quattro padri della Chiesa) e quali far rientrare. E gli altri Vangeli sono stati considerati “apocrifi” o non ispirati o vari altri nomi.
      Però solamente nel 1950 è nata l’idea di inventare a tavolino un Vangelo ex novo e renderlo protagonista di un romanzo, per puro divertissement letterario o per portare avanti una propria critica alla Chiesa. Qualche predecessore c’è stato (come Meyrink e il suo spietato Codex Napellus) ma solamente dopo l’esplosione mediatica dei Manoscritti del Mar Morto sono fioriti romanzi e romanzi con vangeli dichiaratamente inventati per mere esigenze narrative, di cui faccio una panoramica nel mio saggio 😉 (che peraltro andrebbe aggiornato…)

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  2. Ivano Landi

    giugno 18, 2016 at 4:24 PM

    Tra l’altro, per rimanere in tema antico Egitto, toro-leone-aquila-angelo (corpo-zampe-ali-volto) sono anche le quattro componenti della Sfinge di Giza.

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    • Lucius Etruscus

      giugno 18, 2016 at 4:33 PM

      Tutto torna, e davvero tanta parte della nostra cultura affonda le radici in quella egizia…

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  3. theobsidianmirror

    giugno 20, 2016 at 11:34 am

    Fantastico contributo! Grazie ^_^
    Non mi sembra di aver mai letto questo saggio (non che io ricordi almeno, ahah..), ma la teoria dell’autore non mi è nuova, credo che sia condivisa anche da altri. Ad esempio, c’è chi arriva a identificare Akhenaton con Mosè in virtù del fatto che il nome Mosè è egiziano e non ebraico e per i suoi natali legati proprio all’Egitto (ma ci sono altri fatti, troppo lunghi da riassumere qui). Sembra certa poi l’equivalenza fra i nomi Aton, il Disco Solare oggetto del culto monoteistico di Akhenaton, e Adon, la “radice” del nome Adonai con il quale gli ebrei definivano il proprio dio (il cui vero nome, come sappiamo, non poteva essere pronunciato) derivata da un cambiamento fonetico della lettera “t” in “d”. Ho in mente di sfiorare anch’io questo argomento parlando del saggio di Allegro, ma credo che questo avverrà verso la fine e quindi ottimisticamente (!) fra diverse settimane… si tratterà però giusto di un accenno, nulla di così articolato di quanto proposto da te con questo articolo.

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    • Lucius Etruscus

      giugno 20, 2016 at 11:53 am

      E’ un argomento molto intrigante che sicuramente ho sentito in giro ma è la prima volta che leggo un saggio approfondito sulla questione. La fede religiosa intorbida le acque e troppo spesso si è portati per mere questioni religiose a partire da fatti assodati… che assodati non sono per nulla! Tipo appunto che Mosè fosse ebreo, quando invece – come si parla anche in questo saggio – le tracce rimasteci rendono molto più probabile che fosse egiziano.
      Il bello del libro di Feather è che non cerca di convincere né di indottrinare: è il saggio di un archeologo in cui analizza le fonti e cerca di ricostruire ciò che esse sembrano dire, nient’altro.
      Attendo con ansia i tuoi prossimi post sul Fungo ^_^

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